Questo brano lo conoscete tutti:
«Il sottoscritto essendosi recato nelle prime ore antimeridiane nei locali dello scantinato per eseguire l’avviamento dell’impianto termico, dichiara d’essere casualmente incorso nel rinvenimento di un quantitativo di prodotti vinicoli, situati in posizione retrostante al recipiente adibito al contenimento del combustibile, e di aver effettuato l’asportazione di uno dei detti articoli nell’intento di consumarlo durante il pasto pomeridiano, non essendo a conoscenza dell’avvenuta effrazione dell’esercizio soprastante.»
O non lo conoscete? Poco male. Si tratta di un esempio di «antilingua» che Italo Calvino inventò, ma con molto realismo, per un articolo che uscì nel quotidiano «Il Giorno» il 3 febbraio del 1965. (Poi lo raccolse nel libro di saggi Una pietra sopra, Einaudi 1980). Sono passati più di cinquant’anni ma la situazione non è cambiata tanto: ogni giorno abbiamo che fare con le varie antiligue che invadono lo spazio linguistico italiano: l’antilingua burocratica, l’antilingua del dibattito politico, l’antilingua giornalistica (queste due spesso contigue), l’antilingua informatica e così via.
Pensiamo a quei testi nei quali i vari siti ci spiegano come e in quale modo adopereranno le informazioni che raccolgono sui di noi, pieni di dichiarazioni di buona volontà ma così pronti a rinviare ad altri testi (complessissimi, peraltro) piuttosto che a spiegare pianamente ciò che noi vorremmo tanto sapere:
«Gentile Cliente, di seguito le forniamo alcune informazioni che è necessario portare alla sua conoscenza, non solo per ottemperare agli obblighi di legge, ma anche perché la trasparenza e la correttezza nei vostri confronti è parte fondante della nostra attività. Ai sensi dell’art. del Regolamento UE n. 2016/679, recante disposizioni a tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali, desideriamo informarLa che i dati personali da Lei forniti formeranno oggetto di trattamento nel rispetto della normativa.»
O pensiamo al modo in cui sono scritti certi articoli di giornale. Un esempio da un articolo in prima pagina (scusate, in home page) sul sito dell’Ansa alle 8.31 del 19 luglio 2021:
«Battesimo di fuoco per Giuseppe Conte nella sua nuova veste di leader in pectore del Movimento cinque stelle. Alle 11 a palazzo Chigi dovrà affrontare Mario Draghi che proprio con l’M5s vuole chiudere il ciclo di incontri con le forze di maggioranza il cui piatto forte è stato la riforma della Giustizia. Una riforma che il premier ritiene fondamentale in chiave Recovery e che vorrebbe chiudere prima della pausa estiva. L’incontro tra Draghi e Conte è stato convocato alla vigilia della scadenza dei termini per i subemendamenti al disegno di legge sul processo penale: quella riforma Cartabia indigesta a buona parte dei Cinque stelle, su cui però il premier non sembra affatto intenzionato a fare retromarcia Le dichiarazioni battagliere di ieri con le quali Conte ha lanciato il nuovo Statuto grillino fanno prevedere scintille ma l’avvocato del popolo in queste ore deve fare i conti con le fibrillazioni interne del Movimento e prendere le misure tra l’ala governista che non vuole lo scontro sulla riforma Cartabia e quella più battagliera che chiede a gran voce che la riforma Bonafede della prescrizione non sia stravolta.»
Facciamo il catalogo delle locuzioni-cliché:
– battesimo del fuoco,
– leader in pectore,
– affrontare,
– piatto forte,
– in chiave Recovery,
– riforma indigesta,
– fare retromarcia,
– dichiarazioni battagliere,
– lanciare il nuovo Statuto,
– fare i conti,
– fibrillazioni interne,
– prendere le misure,
– ala governista,
– volere lo scontro,
– ala più battagliera,
– chiedere a gran voce.
Non male, eh? Si potrebbe dire che l’intero articolo è stato costruito mettendo insieme, in una specie di gioco combinatorio, una certa quantità di parole e locuzioni (una locuzione è un gruppo di due o più parole che, a forza di essere usate insieme, funzionano come una parola sola) buone per tutti gli usi e per tutti i significati.
Di queste antilingue noi, ci piaccia o non ci piaccia, siamo impregnati: e può facilmente scapparci, anche contro la nostra volontà, di «antilinguare» a destra e a manca. Perché il primo passo verso l’invenzione di un proprio stile è proprio la ricerca della forma più semplice e diretta di dire le cose. Una volta conquistata questa forma, si potrà tentar di costruire – se lo si vuole – qualcosa di più ricco e complesso.
A che cosa serve un corso come Fondamenti di stile, che Bottega di narrazione e Photo Ma.Ma. Edition propongono dal prossimo 11 settembre? Serve, tra le altre cose, a difendersi dalle antilingue: a conoscerle, a riconoscerle, ad evitarle, e soprattutto a trovare soluzioni migliori. Invito a dare un’occhiata al programma dettagliato.
Le iscrizioni sono aperte.
(Italo Calvino — ve lo dico qui in fondo come se fosse la soluzione di un enigma — traduceva il suo esempio immaginario così, nella lingua di tutti i giorni:
«Stamattina presto andavo in cantina ad accendere la stufa e ho trovato tutti quei fiaschi di vino dietro la cassa del carbone. Ne ho preso uno per bermelo a cena. Non ne sapevo niente che la bottiglieria di sopra era stata scassinata.»)
Tutti i corsi della Bottega di narrazione, annualità 2021-2022

L’antilingua si insinua anche nell’altoparlante della stazione che ti “rammenta di obliterare il titolo di viaggio”