di Giorgia Tribuiani
(dal retroBottega di settembre 2025 – per iscriverti, clicca qui)
In una narrazione perturbante è importante intervallare gli eventi più inquietanti e spaventosi con eventi ordinari e “a bassa tensione”, così da assicurarci che ogni avvenimento principale possa esercitare fino in fondo la propria influenza sul lettore. Ma come mantenere accesa la curiosità del lettore (quel desiderio di “sapere come va a finire”) anche nelle pagine in cui, dal punto di vista della trama, succede poco o nulla?
Uno dei metodi più efficaci consiste nel “dare un appuntamento” al perturbante.
Ci sono fondamentalmente tre grosse categorie di appuntamenti: temporali, spaziali e narrativi.
L’appuntamento “temporale” più comune è probabilmente la “ricorrenza”: i personaggi sanno che ogni giorno al tramonto i vampiri si sveglieranno e usciranno allo scoperto (pensa all’esempio di Io sono leggenda), che la notte di Halloween accadranno strani eventi, che con la luna piena avverranno le trasformazioni in licantropi, che ogni cento anni una creatura delle tenebre tornerà a chiedere il proprio tributo di sangue e così via.
La particolarità della ricorrenza è quella di concretizzare determinati effetti “ciclicamente”, come fossero eventi naturali, prescindendo quindi da un innesco da parte dei protagonisti. L’esempio opposto è quello che troviamo in film come The ring: anche in questo caso viene dato al perturbante un appuntamento di tipo “temporale” – Samara, la bambina morta che esce dal pozzo, arriverà e ucciderà esattamente «sette giorni» dopo la telefonata – ma è necessario, perché la telefonata avvenga e perché inizi il countdown, che i personaggi vedano il video maledetto.
Differente è, poiché di solito non prevede orari e giorni così specifici e precisi, l’appuntamento di tipo “spaziale”. Si tratta in questo caso di quell’attesa che viene generata, per fare qualche esempio, dalla porta da non varcare, dall’ala del castello da non esplorare, dalla botola dove non scendere e, più in piccolo, dalla scatola da non aprire o dalla lettera da non leggere. In tutti questi casi è la “proibizione” a generare tensione: noi sappiamo che i protagonisti delle nostre storie proveranno a resistere, ma anche che – perché altrimenti si tratterebbe della classica promessa non mantenuta di cui parlavamo nell’introduzione a questo capitolo – prima o poi cederanno. Non sappiamo quanto dovremo aspettare, ma sappiamo che è solo questione di tempo: pur senza giorno e ora, l’appuntamento al perturbante è stato dato.
Arriviamo dunque alla terza tipologia di appuntamento, che abbiamo definito “narrativa”: si tratta infatti di quella tensione che si genera grazie alle anticipazioni del narratore. Ecco di seguito alcuni esempi.
Un anno Halloween venne il 24 ottobre, tre ore dopo la mezzanotte.
A quell’epoca, James Nightshade, che abitava al 97 di Oak Street, aveva tredici anni, undici mesi e ventitré giorni. Il ragazzo che abitava alla porta accanto, William Halloway, aveva tredici anni, undici mesi e ventiquattro giorni. Entrambi stavano per raggiungere i quattordici anni: già i quattordici anni tremavano nelle loro mani.
E poi vi fu quella settimana d’ottobre in cui divennero adulti di colpo e non furono mai più giovani…[1]
Si tratta degli ultimi due paragrafi del prologo del romanzo Il popolo dell’autunno di Ray Bradbury; paragrafi che ci fanno chiedere: cosa accadrà il 24 ottobre, tre ore dopo la mezzanotte? Con un appuntamento così preciso, con la consapevolezza del fatto che da quel momento in poi i due protagonisti «non furono più giovani», il lettore diventa in grado di accettare pagine e pagine di narrazione più ordinaria senza perdere curiosità.
Il 14 agosto del 2014 Tommaso Rovere, cinque anni e mezzo, fu vittima di tante piccole sfortune che sommate tutte insieme comportarono una sfortuna molto grande.[2]
Il romanzo è Tommaso e l’algebra del destino di Enrico Macioci. Le domande che ci poniamo leggendo l’anticipazione presente in questo incipit, e che generano tensione, sono: di quali piccole sfortune si tratta e, più di tutto, che tipo di «sfortuna molto grande» sta per travolgere il piccolo protagonista? A che punto del romanzo avverrà? Quanto dovrò attendere per saperne di più? La storia si svolge tutta in un giorno, il fatidico 14 agosto in cui il perturbante ha appuntamento, e nel romanzo Macioci cavalca la tensione sottolineando l’orario esatto di tutti gli eventi principali.
Non ebbi alcuna delusione fino al giorno seguente, perché trascorsi ore di vera esaltazione facendo conoscenza con la più piccola dei miei allievi.[3]
Nel romanzo Giro di vite di Henry James l’appuntamento è leggermente più implicito, ma comunque molto chiaro: tutto sembra andare per il verso giusto nella prima giornata di lavoro della protagonista, tuttavia – sembra confidare il narratore al lettore – il giorno successivo accadrà qualcosa di rilevante.
Era trascorso qualche tempo e, seduto sul balcone a mangiare il cane, il dottor Robert Laing rifletteva sui singolari avvenimenti verificatisi in quell’immenso condominio nei tre mesi precedenti.[4]
L’ultimo esempio è l’incipit del romanzo Il condominio di James Graham Ballard. Qui, come accade anche nel romanzo Invisible Monster di Chuck Palahniuk, più che dare un’anticipazione il narratore sceglie di avviare la propria narrazione in un momento storico posteriore rispetto agli eventi, per poi tornare indietro con un flashback. L’effetto comunque è molto simile a quello degli esempi precedenti: il lettore non può che chiedersi quali eventi straordinari abbiano modificato la natura di un uomo tanto da convincerlo a «mangiare il cane» come fosse la cosa più normale a questo mondo – non vorreste saperlo anche voi?
[1] Ray Bradbury, Il popolo dell’autunno, op. cit.
[2] Enrico Macioci, Tommaso e l’algebra del destino, Società Editrice Milanese, 2020.
[3] Henry James, Giro di vite, op. cit.
[4] James Graham Ballard, Il condominio, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano, 2003.