Il punto di vista in “Mattino e sera” di Jon Fosse

di Claudia Grendene

(dal retroBottega di novembre 2024 – per iscriverti, clicca qui)

Le domande che più di frequente mi vengono poste durante i corsi sulla gestione del punto di vista nella narrazione sono: quanti punti di vista posso usare? Mi conviene usare uno o più punti di vista?

Come per tutti gli altri aspetti della narrazione a quesiti di questo genere non c’è una risposta o, per meglio dire, non c’è un’unica risposta.

È sempre imbarazzante, e tuttavia inevitabile, reagire usando il sempreverde: “dipende”.

Certi filosofi di stampo idealista, ma non solo, ci hanno insegnato come il nostro sguardo produca la realtà nel modo in cui la percepiamo. Successivamente, anche i fisici quantistici ci hanno spiegato che il processo di osservazione agisce e influenza le microparticelle osservate. Così avviene nei romanzi: la scelta del punto di vista, o dei punti di vista, genera la “realtà” di una narrazione e la determina in ogni suo aspetto: voce, prospettiva, visione del mondo, struttura dell’opera.

Quello su cui dobbiamo quindi interrogarci, in prima istanza, è: quale tipo di realtà voglio rappresentare nel mio romanzo? Una realtà stabile, instabile, realistica, fantastica, unica, molteplice, terrena, ultraterrena? E perché dovrei scegliere quella determinata realtà e non un’altra per questa specifica storia?

Per una migliore comprensione non c’è metodo migliore che analizzare come è stato gestito il punto di vista nelle opere che leggiamo e cercare di comprendere il nesso tra questo e il risultato ottenuto. Nel breve esercizio che segue mi propongo di esaminare l’utilizzo del punto di vista nel romanzo Mattino e sera del premio Nobel per la letteratura Jon Fosse.

Attenzione: l’esercizio rivela qualcosa di importante della trama. I corsivi negli estratti dal testo sono inseriti a solo scopo didattico.

Mattino e sera è un romanzo molto breve (o racconto lungo) che narra una storia semplice: la nascita e la morte del protagonista Johannes, un pescatore in un villaggio sperduto nella Norvegia.

In quest’opera troviamo una macro-gestione del punto di vista con la scelta di due focus principali e, all’interno di ognuno di questi, una micro-gestione attraverso lo scivolamento temporaneo, per brevi e specifici passaggi di testo, in punti di vista secondari.

I due punti di vista principali sono quello di Olai, il padre di Johannes, che è l’occhio che assiste alla venuta al mondo del protagonista, e quello di Johannes stesso ormai anziano.

La scelta delle due focalizzazioni principali dà origine alla struttura della narrazione che si articola, appunto, in due parti: la prima (la nascita, il mattino della vita), la seconda (la morte, la sera).

Prima parte

In questo capitolo, come già detto, va in scena la nascita del protagonista, sotto lo sguardo del padre Olai. L’occhio del padre, nell’economia del romanzo, assolve a due funzioni precise. La prima è quella di fornire dei dati di contesto riguardo al mondo entro il quale Johannes si trova a nascere. La seconda è rappresentare la condizione umana, per la quale la consapevolezza del momento della nostra nascita dipende sempre da uno sguardo esterno a quello del “nascente”.

«questo mondo è governato da un dio minore o dal male stesso, ma non del tutto, perché comunque il buon Dio, pensa Olai mentre è seduto al suo posto all’estremità del tavolo della cucina con la testa tra le mani, no, il buon Dio era arrivato fino a lui, finora, è sempre andato tutto bene e lui amava così tanto sua moglie e sua figlia Magda e non poteva proprio lamentarsi, sì, fino a quando avevano Magda non dovevano lagnarsi del proprio destino ma piuttosto lodare il Signore Iddio perché avevano avuto lei

«ma poi la pancia di Marta aveva cominciato a crescere e così aveva capito che adesso il Signore Iddio aveva concesso loro un altro figlio e quando non c’era più nessun dubbio, avevano ringraziato il Signore Iddio perché li aveva benedetti con un altro bambino e questa volta era un maschio, adesso sarebbe nato il piccolo Johannes, Olai ne era sicuro, e adesso era arrivato il giorno, era arrivata l’ora, e la cosa andava per le lunghe, pensò Olai mentre se ne stava seduto all’estremità del tavolo della cucina con la testa tra le mani»

«verrà alla luce in questo mondo freddo dove sarà solo, separato da Marta, separato da tutti gli altri, sarà solo sempre solo e poi, quando verrà il momento, quando sarà la sua ora, si dissolverà e si trasformerà in nulla e ritornerà là da dove viene, dal nulla al nulla, questo è il corso della vita, per esseri umani, animali, uccelli, pesci, case, recipienti, per tutto quello che esiste, sì, pensa Olai, e poi c’è ancora molto di più, pensa […] il cielo blu, gli alberi a cui spuntano le foglie, il Verbo com’era in principio, come dicono le Scritture, e fa sì che uno capisca, sia nel profondo sia in modo faceto, che cosa è questo altro? già, chi può dirlo? perché sarà lo spirito di Dio presente in ogni cosa a rendere tutto più di un nulla, a trasformarlo in significato e colori […] anche la parola e lo spirito di Dio esistono in tutto, è così, sì, ne è sicuro Olai, ma che sia presente anche la volontà operante di Satana, anche di questo ne è convinto»

Dall’analisi del primo capitolo desumiamo quindi alcuni dati fondamentali. Johannes sta per nascere in una famiglia credente, secondo la quale il mondo è basato su due principi, uno che governa il male, Satana, e uno che governa il bene, il buon Dio. Questo dato, che ci viene trasmesso attraverso i pensieri di Olai, è un presupposto fondamentale affinché tutta la seconda parte del romanzo regga in modo coerente, come avremo modo di comprendere a breve.

Il focus di Olai è rintracciabile nel testo nella ripetizione del verbo pensa; quasi assente, invece, vede in questa prima parte di narrazione. Infatti, Olai è in una stanza diversa da quella dove la moglie Marta sta partorendo, e tutta l’attesa è resa dai suoi vorticosi pensieri. In un passaggio apprendiamo, inoltre, che la madre di Olai è morta di parto, e questo rappresenta un ulteriore motivo di apprensione per il giovane padre, nonché – simbolicamente – mette in scena un momento in cui nascita e morte si toccano. Sul punto di vista principale si innesta un breve slittamento di visuale quando Johannes passa attraverso il canale del parto per uscire nel mondo; in questo punto il focus si sposta sul nascente. Da notare come qui il linguaggio si destrutturi, la voce narrante cambi, si spezzi, si scomponga in vocalizzi, aderendo così alla condizione pre linguistica di un neonato. Si tratta di un segmento testuale che ha l’estensione di due cartelle circa, dopodiché si ritorna al punto di vista principale, Olai.

«e tutta questa pressione sulla testa del piccolo e il buio non è più rosso e morbido e tutti i suoni e quel battere regolare a a ta ta a a a ta a poi a così a a a il fruscio il mormorio a il vecchio fiume e il cullare i a a i a l’acqua i a e poi a tutto sì ss ss a ss uniforme ss e le voci e poi questi suoni terribili e la pressione a a a a e questo freddo la scissione a a […] e le dita o a si contrag i a gono a e tutto a a l’acqua a a tranquilla a a o e il duro brontolio e le voci a a a una a a sì a e poi la luce i a che arriva da laggiù tutto è da un’altra parte a a e non è più presente un gorgoglio e poi un suono e qualcuno lo espelle come dentro le mani e le dita […] e poi calma calma e movimenti tranquilli e il panno morbido e il biancore»

Seconda parte

Tutta la seconda parte del romanzo è lo svolgimento di una giornata, da mattina a sera, di Johannes ormai anziano. È suo il punto di vista principale in questo lasso temporale. Johannes si alza, non ha voglia di tirarsi fuori dal letto, ma quando si mette in piedi si sente più leggero. Le gambe sono leggere. Scende per la colazione e tutto sembra uguale, ma diverso: la luce, il nitore degli oggetti. Le cose appaiono più vicine e allo stesso tempo più lontane. Ci accorgiamo presto che non si tratta di una giornata come le altre, e che lo sguardo di Johannes è mutato e la realtà stessa presenta delle anomalie. Johannes non sente nessun dolore e non avverte nemmeno la fame o il freddo. Fa colazione, ma è come se niente avesse gusto, non c’è sapore buono né cattivo. Mentre Johannes procede nella sua giornata, la barca, la pesca, l’incontro con l’amico Peter (in realtà già morto), il lettore comprende che stiamo leggendo la storia dal punto di vista di un inconsapevole defunto. Il lettore sa che Johannes è morto, Johannes, invece, lo ignora.

«e Johannes nota che c’è qualcosa di diverso anche in esse e chiude gli occhi, che cosa è successo? perché tutto quello che vede è come mutato, adesso guarda le rimesse delle barche, e anche loro sono pesanti e al tempo stesso così stranamente leggere, ma che cosa gli sta succedendo?»

Sei sempre stato un uomo degno di questo nome, Johannes, dice Peter

«e Johannes si ferma di colpo e guarda giù verso il bagnasciuga, fissa proprio il punto dove c’era Peter con indosso la sua tuta da lavoro vecchia e logora e Johannes raggiunge velocemente la battigia e non si sente forse l’odore della pipa di Peter? Ma dov’è Peter? […] ma adesso che fine ha fatto Peter? dove diavolo era finito? pensa Johannes e non capisce «Johannes di colpo sussulta perché non è Peter quello in piedi davanti a lui, vivo e vegeto, ma Peter non è morto? non è morto da molto tempo?»

Dovrà arrivare la sera, quando Johannes si dirigerà verso casa, dopo l’uscita in mare con Peter, e la sua visione dovrà letteralmente attraversare quella altrui, affinché il nostro protagonista si renda conto di non essere più in vita. Lo scivolamento nei punti di vista secondari, in questa seconda parte, avviene in due passaggi precisi: in primo luogo quando Johannes incontra la figlia Signe, che corre verso la casa del padre, allertata dai vicini che non lo hanno visto uscire quel giorno, e nel tentativo di abbracciarla le passa attraverso il corpo. In secondo luogo, durante un dialogo finale con Peter.

«Signe, Signe non mi vedi? urla Johannes e Signe va verso di lui ed entra dentro di lui, e Signe lo attraversa e lui nota il suo calore, ma lei attraversa del tutto, dritto attraverso di lui, pensa Johannes, o Signe pensa che questo, no questo, qualcosa è andato contro di lei, l’ha visto così chiaramente e ha cercato di spostarsi, di allontanarsi ma non è servito a niente, è venuto lo stesso dritto verso di lei e poi, e poi lei è stata costretta a camminare ed attraversare questa cosa ed era così fredda, ma non faceva assolutamente male, era solo fredda e impotente, ed era una cosa terribile, non la deve dire a nessuno perché penserebbero che sia impazzita, pensa Signe»

            «Sei morto stamattina presto, dice [Peter]

E dal momento che io ero il tuo migliore amico, sono stato mandato a prenderti, dice

Ma perché abbiamo pescato i granchi? dice Johannes

Dovevi disabituarti alla vita, qualcosa dovevamo pur fare

Allora è così? dice Johannes

È così, dice Peter»

Concludiamo l’esercizio mettendo insieme tutti i punti di vista presi in considerazione, cercando di evidenziare le diverse funzioni.

Il punto di vista di Olai è necessario a dare testimonianza della nascita fisica del protagonista e a definire il mondo entro cui Johannes vivrà, un mondo retto da Dio e che prevede dunque una vita dopo la morte (presupposto che regge la seconda parte); la focalizzazione sul protagonista è centrale e la sua funzione risulta evidente; il passaggio brevissimo nella mente della figlia Signe ha una funzione speculare al focus su Olai durante la nascita, e cioè testimoniare la morte fisica di Johannes: sarà Signe, infatti, a trovare il corpo del padre nel letto; il dialogo con Peter è funzionale a restituire al protagonista la consapevolezza del passaggio ad una vita ultraterrena, per la quale serve, appunto, lo sguardo di un defunto.

I due punti di vista principali, lo ricordiamo, definiscono la struttura bipartita (mattino/sera) del romanzo. Tutti i punti di vista messi insieme, infine, restituiscono il senso ultimo di questo racconto: ci sono due momenti fondamentali nella vita dell’uomo, la nascita e la morte, e sono due passaggi per i quali la nostra consapevolezza passa attraverso lo sguardo altrui, delle persone che ci stanno vicine, vive o morte.

Tornando quindi alla domanda: quanti punti di vista utilizzare nel mio romanzo?

La risposta più sensata è: quanti ne servono per rappresentare la realtà della tua storia a patto che ognuno di essi abbia una precisa funzione nel testo.

Mattino e sera, Jon Fosse, La nave di Teseo, 2019.

Pubblicato da bottegadinarrazione

La Bottega di narrazione è un'iniziativa di Laurana Editore.