100 lezioni di scrittura creativa / 12 (dove si parla ancora delle Strategie oblique)

di Giulio Mozzi

[Diversi anni fa Gianni Bonina mi chiese di compilare per la rivista Stilos una rubrica che fosse qualcosa come “un corso di scrittura creativa a puntate”. Scrissi 100 puntate. Se le volete tutte in un colpo, le trovate qui. Rielaborate e aggiustate, le 100 puntate sono diventate anche un libro, pubblicato da Terre di mezzo: (non) Un corso di scrittura e narrazione. Da oggi le ripubblicherò qui, una al giorno (salvo inconvenienti e incidenti); e cercherò di rispondere a eventuali domande, obiezioni, dubbi eccetera. Occasionalmente inserirò negli articoli, come approfondimento, qualcuna delle mie videolezioni].

Buongiorno. Parlavo la settimana scorsa [cioè ieri] della possibilità di usare tecniche di distrazione per scampare agli eccessi di concentrazione (gli attacchi di incaponimento, i blocchi creativi ecc.); e raccontavo delle Strategie oblique inventate da Brian Eno e Peter Schmidt: un mazzo di carte contenente consigli più o meno ambigui, giocosi o paradossali (da «Ascolta la dolce voce» a «Sopprimi le specificità e sostituiscile con delle ambiguità»). Delle Oblique strategies o Strategie oblique, al di là di quel che si trova nella rete (qualunque motore di ricerca sarà felice di aiutarvi), parlano Fabio Destefani e Francesco Masson in un libro di vent’anni fa [ormai sono trenta e passa…] che si trova a volte nelle librerie a metà prezzo (Brian Eno: «Strategie oblique» , Gammalibri 1983, pp. 226) e parla lo stesso Eno nel suo libro-diario Futuri impensabili (Giunti 1997, pp. 360, 17 euro).

aaa1Naturalmente le frasi-stimolo inventate da Eno appartengono a lui e sono adatte a lui. La cosa migliore, dunque, è che ciascuno si faccia il suo proprio mazzo di carte. A tutti sarà capitato di osservare nel proprio comportamento delle procedure particolarmente efficaci, che risolvono problemi specifici o problemi generali. Ad esempio: io sono uno scrittore di racconti, cioè di storie non particolarmente lunghe, e ho qualche problema a controllare la “massa” del testo quando questa supera le venticinque pagine. Ho provato a farmi degli schemi, delle scalette: ed è stato un disastro (io, le scalette, le odio). Allora, piuttosto, se perdo il filo della storia o se non so più come uscire dalla situazione in cui mi sono cacciato, smetto di andare avanti e riparto dal principio: rileggo, inserisco nuove cose, completo descrizioni appena accennate, aggiungo parole: faccio una specie di “gonfiatura” del testo (a sgonfiarlo ci penserò poi), che mi serve a vedere con più chiarezza le mie stesse immaginazioni. A un certo punto, di solito due o tre capoversi prima di dove mi sono impantanato, trovo il modo di indirizzare la storia da un’altra parte. Evidentemente non mi ero accorto, prima, che lì c’era un bivio; e avevo imboccata la strada meno produttiva. Così, una delle mie personali Strategie oblique dice: «Qual è l’ultima decisione che hai presa?».

aaa2Altre volte ho la sensazione che un racconto sia sì finito, ma, come dire?, un po’ vuoto. Non nel senso che sia fatuo: ma nel senso che non mi dà quella buona impressione di pieno (appunto) che un racconto dovrebbe dare (secondo me). Allora rileggo dal principio (io rileggo tantissimo, s’è capito) e cerco di capire che cosa (o la mancanza di che cosa) mi dà questa sensazione di vuoto. Di solito finisco con l’accorgermi che in alcune zone della narrazione corro troppo veloce, non mi soffermo abbastanza (io non sono esattamente un narratore d’azione: sono piuttosto un narratore contemplativo), non mostro ciò che devo mostrare con la dovuta intensità; allora intervengo lì, e cerco di fare meglio. Così un’altra carta dice: «Controlla la velocità».

Altre volte ho il problema di passare da una situazione a un’altra situazione: e non so bene che cosa metterci in mezzo. Non so come fare il transito. Di solito io produco delle masse di testo piuttosto compatte, e i transiti avvengono per lenti slittamenti, a volte per smottamenti silenziosi, quasi per sonnambulismo. Tuttavia a volte si slitta, si smotta, si sonnambula, ma si resta sempre al palo. Non si arriva a un di là. Allora rileggo, rileggo, rileggo, finché non trovo il punto in cui posso inserire una cesura: un «a capo» (parecchi miei racconti sono privi di «a capo»), una riga bianca, addirittura un andare a pagina nuova. Una cesura è fatta di tre parti: l’ultima frase, la riga bianca, la prima frase. Il problema è: che cosa legge, il lettore, nella riga bianca? Sono riuscito a costruire e avviare, nelle frasi che precedono la riga bianca, una “macchina evocativa” tale che il lettore vedrà, nella riga bianca, tutto quello che deve vederci? Allora ho delle carte che dicono: «Una porta che si apre verso l’interno» e «Come una notte di sogni non ricordati» (e c’è anche una carta originale di Eno, da me amatissima: «Ci sono delle sezioni? Considera le transizioni»).

aaa3In somma, si tratta di osservare il proprio modo di procedere e di annotare, via via, le soluzioni efficaci. Le nostre personali Strategie oblique, tuttavia, non dovranno contenere consigli precisi, categorici, vere e proprie istruzioni: dovranno contenere, invece, dei “consigli vuoti”, cioè formulati in modo da poter essere applicati (nel modo che dicevo la settimana scorsa: cioè non pedissequamente, ma «per confronto») a qualunque materia. Una carta che dica: «Rendi più credibili i personaggi» è un’istruzione, applicabile solo a una narrazione; una che dica: «Produci una rete di relazioni» è invece un “consiglio vuoto”, applicabile a una narrazione e ai personaggi così come alle forme di un’opera pittorica o a un’invenzione musicale (naturalmente, i personaggi diventano più “credibili” nel momento in cui smettiamo di immaginarli come mònadi isolate e li inseriamo ciascuno nella sua rete di relazioni con altri personaggi; come avrò modo di raccontare un’altra volta, è mia convinzione che i personaggi non esistano: esistono le relazioni tra i personaggi).

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aaa4Ci vuol poco, a questo punto, per immaginare che più o meno qualsiasi repertorio di “consigli vuoti” possa essere adoperato come un mazzo di Strategie oblique. Il Castello dei destini incrociati di Italo Calvino, che contiene due storie fondate sui tarocchi, è lì per ricordarcelo. Ma anche il Libro della vita pubblicato dalle edizioni Armenia (pp. 188, 13 euro), sorta di raccolta di oracoli: basta formulare una domanda precisa, dice l’introduzione, e aprirlo a caso; si otterrà infallibilmente la risposta giusta. Penso una domanda. Lo apro a caso. Leggo: «Una visione completa include sempre lo spazio indispensabile per immaginare gli elementi mancanti». Interessante, no? Basta non prenderlo troppo sul serio. Ci sentiamo tra una settimana [cioè domani].

2 pensieri riguardo “100 lezioni di scrittura creativa / 12 (dove si parla ancora delle Strategie oblique)

  1. Giulio, ho comprato il Libro delle Risposte di Carol Bolt circa un anno fa, dopo aver visto la tua videolezione. Confesso: ero scettica (e molto). E invece devo ammettere che fa il suo dovere. Nel caso mio, lo fa a patto di: 1. Non chiedergli aiuto in continuazione (mi par che perda la “magia”) 2. Fidarsi della prima risposta, anche se non piace (e dunque: non ramingare tra le pagine, in attesa della sentenza che fa più comodo). Tra l’altro, sempre in tema di strategie oblique, ricordo uno scrittore di fantascienza (non mi viene il nome, purtroppo) che, quando s’impantanava, cercava di uscirne consultando il dizionario: apriva una pagina a caso, puntava il dito sopra una parola e la soluzione, diceva lui, stava sempre in quella parola lì (più che nella parola in sè, nelle acrobazie mentali a cui quella parola costringeva).

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