di Giulio Mozzi
[Diversi anni fa Gianni Bonina mi chiese di compilare per la rivista Stilos una rubrica che fosse qualcosa come “un corso di scrittura creativa a puntate”. Scrissi 100 puntate. Se le volete tutte in un colpo, le trovate qui. Rielaborate e aggiustate, le 100 puntate sono diventate anche un libro, pubblicato da Terre di mezzo: (non) un corso di scrittura e narrazione. Le ripubblico qui, una al giorno (salvo inconvenienti e incidenti); e cercherò di rispondere a eventuali domande, obiezioni, dubbi eccetera. Occasionalmente inserirò negli articoli, come approfondimento, qualcuna delle mie videolezioni].
Parliamo dunque della trama, dell’intreccio, del plot. In un libro sulla sceneggiatura cinematografica che non possiedo più (l’ho prestato, come faccio sempre e non torna mai indietro) c’era scritto che tutte le trame esistenti potevano essere ridotte a sette; in un altro saggio, ma di narratologia (e anche questo non ce l’ho più per lo stesso motivo) c’era un’appendice con l’elenco di tutte le trame esistenti: ed erano, se non ricordo male, trentatré. Qualche mese fa, sul Corriere della sera, ho letto un articolo secondo il quale le trame esistenti sono in tutto tre. Non una di più. Sette, trentatré, tre.
Qualche giorno fa, mentre dicevo più o meno queste cose in un’aula caldissima, un tipo con i baffi si è alzato in piedi e mi ha interrotto dicendo: «Dicono così, perché non vogliono svelare i loro segreti».
Io ho detto: «Eh?».
«Sì», ha insistito il tipo: «Quelli che sanno inventare le trame, poiché le trame hanno un elevato valore commerciale, non vogliono che si sappia in giro come si fa ad inventarle. Così fanno circolare la voce che inventare le trame non sia un problema, che basti sceglierne una da un catalogo di tre sette o trentatré. Invece loro, zitti zitti, ne inventano di sempre nuove. E se le fanno pagare bene».
L’idea devo dire mi è sembrata curiosa. Ho deciso di tralasciare l’accusa implicita («Tu non ci insegni a fare le trame perché vuoi tenerti tutti i soldi»). Allora ho detto, mentre il tipo con i baffi tornava a sedersi: «Bene, complimenti per l’ingenuità. Lei, caro signore, ha appena elaborata una trama; e, senza rendersene conto, l’ha regalata a tutti».
«Quale trama?», ha domandato un altro.
Nessuno ha detto niente. Ho continuato. «Bene, supponiamo che un giorno la segretissima sede di questa società segreta venga violata, e qualche informazione importantissima (uno schema di storia, una sceneggiatura intera, fate voi) sia stata sottratta. Immaginiamo una porta scassinata, una cassaforte aperta, una borsa scippata in pieno giorno, un computer ramazzato da un hacker: ci sono tanti modi. I nostri baldi superinventori di storie si metteranno alla ricerca del ladro. Naturalmente loro, essendo dei superinventori di storie, sono bravissimi nell’ipotizzare che cosa sia successo. In effetti non fanno indagini (non possono peraltro, essendo una società segreta, rivolgersi alla polizia): si siedono attorno a un tavolo e, come direbbe un politico, elaborano degli scenari. Chi può essere stato? Perché? In che modo? Quando? Seduti attorno a un tavolo, i nostri uomini inventano storie su storie, nella convinzione che quando troveranno una storia davvero convincente, allora potranno andare a colpo sicuro. Chi è stato, secondo voi, a rubare quelle informazioni segretissime?». Un attimo di silenzio. «Uno di loro», dice una tipa bionda in fondo all’aula. «Bene», dico, rivolgendomi a lei. «E allora, che cosa succederà?».
«Be’», dice la tipa bionda, «a un certo punto cercheranno di sbranarsi tra loro».
«Ci sono altre ipotesi?», domando, guardandomi in giro.
«Un evento casuale», dice un ragazzo sui vent’anni,in terza fila.
«Cioè?», incalzo.
«Cioè», dice il ragazzo, «è successo per caso, oppure effettivamente qualcuno ha fatto o tentato un furto, ma c’è stato di mezzo un evento casuale, per cui è impossibile ricostruire gli avvenimenti in forma narrativa coerente».
«Oppure?», dico ancora.
«Oppure», dice una signora di mezz’età con due paia di occhiali appese al collo, «chi è entrato nella loro sede non l’ha fatto per rubare una sceneggiatura ma per altre ragioni».
«Ad esempio?», dico.
«Ma…», dice la signora di mezz’età. «Un hacker può entrare nel tuo computer anche per puro caso, senza sapere che tu sei tu», dice il ragazzo in terza fila.
«Una storia d’amore», dice la signora di mezz’età. «Ci vorrebbe una storia d’amore».
«Troviamola», dico.
«Una vecchia amante di uno degli sceneggiatori vuole recuperare un oggetto a cui tiene?», dice con molti dubbi la signora.
«Mmh», dico.
«È stata la donna delle pulizie», dice il tipo con i baffi. «Spolverando la cassaforte l’ha aperta casualmente , e poi non ha più saputo richiuderla».
Qualcuno ride.
«Allora», ho detto. «Compiti per casa. Provate a inventare qualche pezzo di questa storia, cercando di non introdurre elementi casuali. Potete anche manipolare la parte che ho detta io, non c’è problema».
«A che cosa serve questo esercizio?», domanda un signore sui cinquanta.
«Serve a dimostrarvi che non c’è niente da insegnarvi, a proposito di trame», dico. «Sapete già tutto. Basta fare un po’ di esercizio».
«Non vale!», dice il tipo con i baffi.
«Sia chiaro per tutti», dico: «Quest’aula è mia, e qui comando io».
Ridiamo tutti.
[E se davvero volete imparare qualcosa, guardate questo video].
Ciao Giulio, mi sono perso io o “manca” una parte all’inizio? (Tra “essere ridotte” e “c’era un’appendice”, è assente chi propone il numero sette).
Grazie. Ho corretto.
A proposito di tutto Beautiful in 6 minuti: mi ha sempre stupita come questa continua riproposizione dell’incesto non scandalizzasse nessuno.
Eh, Fiammetta: non son mica storie vere.