di giuliomozzi
1. Ricordate che un corso è un corso, non è una competizione. Non è importante fare bella figura difronte alla docente o al docente; è importante portarsi a casa cose utili. I compagni di corso e le compagne di corso sono appunto compagni e compagne, non concorrenti, e tanto meno nemici.
2. Se lo scopo del corso è insegnare a scrivere, e se alla fine del corso ancora vi sembra di non farcela, ricordate: può essere colpa dell’insegnante (soprattutto se il corso prevede una selezione all’inizio), ma potrebbe anche darsi il caso che voi siate zucconi. Confrontate quindi le vostre aspirazioni con i vostri talenti. (Il soprascritto, per dire, ha sempre avuto la segreta ambizione di fare il batterista: ma, nonostante gli studi, con le bacchette in mano è una schiappa).
3. Ho assistito a lezioni di scrittura delle quali non si poteva capir nulla se non si aveva nella mente, e anche bella pronta disponibile, più o meno tutta la letteratura occidentale. Ho visto classi raggelate dall’esibizione di erudizione del docente. E’ chiaro che la cosa non va bene. Bisogna dire qualcosa al docente, e la frase ideale per porre la questione è: “Senta, prof, ho capito che lei sa usare bene Wikipedia…” (segue accapigliamento). E’ da ricordare, infatti, che l’esibizione di erudizione è praticata per lo più da chi simula di essere erudito.
4. Raccontare storie è una cosa umana. Non fatevi mettere in soggezione, né dal docente né da chi frequenta il corso accanto a voi. L’esperienza del soprascritto dice che non sempre, anzi forse quasi mai, gli studi letterari giovano alla scrittura. (Giovano molto, sempre secondo l’esperienza del soprascritto, gli studi antropologici, economici, filosofici, musicali: ma non vi sto dicendo che se non avete tra lauree nisba scrittura; sto dicendo il contrario). L’antica formula latina, “rem tene, verba sequentur“, “abbi ben chiaro ciò che vuoi dire, le parole giuste arriveranno”, dice il vero. Bisogna avere l’ambizione della semplicità.
5. Qualunque tentativo di rendere letterario un testo è destinato a renderlo brutto. Quando il docente prende ciò che avete scritto e toglie, toglie, toglie inesorabilmente parole, vi sta dicendo questo. Non è che sia indispensabile scrivere senza aggettivi e senza paragoni: ma, così come per imparare a sciare si comincia dallo spazzaneve e non dal trampolino, per imparare a scrivere si comincia dalla scrittura diretta e pulita.
6. Alcuni degli errori che voi fate, li fanno tutti i principianti. Quindi non preoccupatevi. Se, come tutti i principianti, tendete a “colorire” i dialoghi con verbi di dizione, gerundi, avverbi vari, eccetera, tipo:
“Tra due settimane mi sposo”, sussurrò Luisa sottovoce abbassando gli occhi che le brillavano di un’incontenibile felicità.
“Addirittura!!”, esclamo Beppe con enfasi, portando una tartina alla bocca.
“Sì”, confermò Luisa riprendendosi, mentre sorseggiava l’aranciata.
e se il docente vi suggerisce una riscrittura molto più sottotono:
Luisa guardava da un’altra parte.
“Tra due settimane mi sposo”, disse sottovoce.
“Addirittura!”.
Beppe si mise in bocca una tartina.
“Sì”, disse Luisa.
E sorseggiò l’aranciata.
sappiate che la riscrittura non è certo bella, ma la versione originale è terribile. E pertanto l’insegnante sta esagerando a scopo didattico: produce un testo che è l’esatto opposto del vostro, vi fa notare che il contenuto informativo è tal quale, e non vi sta tando dicendo che la vostra scrittura è sbagliata, quanto che esistono possibilità di scrittura diverse da quell’unica che avete in mente.
7. Non domandate mai che cosa è giusto e che cosa è sbagliato. In letteratura quasi tutto, anche la sgrammaticatura più bieca, può avere una sua ragione. Ma, attenzione: se scrivete: “Ieri ho stato al mare” dovete (a) avere una buona ragione; (b) saperla esplicitare. Si può scrivere una storia senza né capo né coda, ma ugualmente bisogna avere delle buone ragioni e saperle esplicitare. L’unico divieto, in linea di massima, è quello della moda. Se vi mettete a scrivere delle cose alla moda, sappiate che quando avrete finito di scriverle saranno fuori moda.
8. In realtà ci sono degli errori di scrittura che vanno evitati comunque, a meno che non vogliate imitare la scrittura di uno che non sa scrivere. E sapete già quali sono: il piuttosto che disgiuntivo, l’apposto per “a posto”, eccetera. Se la docente o il docente passeranno sopra a queste (poche, pochissime) cose, disistimateli. (Se vi ha fatto alzare il sopracciglio il difronte della prima riga del presente articolo, sappiate che è lecito e che scriveva così anche Palazzeschi).
9. Il motto dice: il meglio è nemico del bene. Evitate di tornare ossessivamente a correggere e ricorreggere poche pagine. Una storia è una storia, e la cosa più importante è raccontarla. Aspettate di averla ben chiara in mente, e poi buttatevi. Un docente che vi spinge a scrivere subito, senza un po’ di riflessione prima, sbaglia; ma sbaglia anche quello che vi tiene sempre fermi al palo.
10. La cosa più importante, in un corso di scrittura, è la discussione dei testi. Non chiedete al docente di rivelarvi i “trucchi del mestiere”: non ci sono trucchi. Chiedete al docente di discutere il progetto narrativo generale, gli snodi, le scene, i paragrafi, le singole parole: questo vi servirà.

Parole sante!
Scrivere apre la mente. Ed è tanto più complesso quanto più apre.. la mente.
Quante verità in questo articolo!