di Giulio Mozzi
direttore della Bottega di narrazione
[Qui non si parla, ovviamente, dell’editing generale, quello che si fa magari mesi prima della pubblicazione soprattutto parlando del romanzo, della sua struttura, del montaggio della storia, eccetera; qui si parla dell’editing minuto sul testo, detto anche editing lineare o lavoro di redazione. Ci sono confini difficili da definire, talvolta, tra l’editing lineare e il buon lavoro di redazione. Nella foto in alto: una pagina del dattiloscritto di T. S. Eliot, The Waste Land, con le annotazioni di Ezra Pound].
1. Non rimandare. Quanto tempo ti hanno dato? Una settimana, due, un mese? Fa uguale. Non rimandare mai. Quando ti immergi nella revisione saltano sempre fuori cose: pasticci, certo, ma anche opportunità. E più ci lavori con calma, più facilmente potrai eliminare i pasticci e più felicemente potrai sfruttare le opportunità.
2. Per le stesse ragioni: non avere fretta. Meglio: abbi fretta di cominciare, non avere fretta di finire. Se la consegna è richiesta per il giorno x alle ore y, hai tempo fino alle ore y-1 minuto del girono x.
3. Prima di cominciare a guardare il testo punto per punto, dà una scorsa generale. Ti servirà per avere un’idea della quantità di lavoro, certo, ma soprattutto per farti un’idea di come il testo è stato lavorato. La professione di redattore è una professione rigorosa, ma ogni redattore ha – in fondo – un proprio stile; e il bravo redattore sa adattarsi al testo che edita.
4. Non cedere alla tentazione di intervenire qua e là. Comincia dal principio, e vai avanti (con calma, senza fretta ec.). Il tuo lavoro deve ripercorrere quello del redattore, che per l’appunto ha cominciato dal principio. (Questo vale anche se il tuo romanzo l’hai smontato e rimontato più volte, col risultato che – succede – le prime pagine sono quelle scritte per ultime, eccetra: anzi, vale soprattutto in questo caso).
5. Non odiare il redattore. Se sei alla tua prima esperienza (e quindi: in bocca al lupo!) scoprirai che il redattore è smisuratamente pedante, infinitamente paziente, strategicamente insopportabile. Certo, non lo sopporterai. Ma lui deve fare così. Deve sollevare ogni minimo problema. Può capitare che ti proponga alternative che tu hai già scartate (ma lui non può sapere che tu le hai già prese in considerazione), che suggerisca soluzioni che appiattiscono i tuoi voli espressivi (ma se il tuo dovere di scrittore è di avere la testa tra le nuvole, il suo dovere di redattore è di avere i piedi per terra), e così via. Questo fa parte della normale dialettica. Devi amare la pedanteria del redattore.
6. Non fidarti del redattore. E’ umano: può sbagliare anche lui. Sulla sua pedanteria devi esercitare tutta la tua pedanteria.
7. Non dire solo “sì” o “no”. Puoi dire anche: “discutiamone”. Ci sarà un secondo giro di bozze, o una lunga chiacchierata al telefono. Soprattutto, se non capisci le ragioni di certe proposte d’intervento, chiedi spiegazioni.
8. Può darsi che il redattore non capisca la tua opera. Ma può darsi anche che la tua opera non si spieghi abbastanza, che non sia abbastanza definita, che conservi qualche residuo delle tue incertezze. Perché ne hai avute, di incertezze, vero? Non dimenticarlo.
9. Tu ami la tua opera di un amore da innamorato, il redattore ama la letteratura di un amore coniugale. Considera il valore di questo amore.
10. Ringrazia. Mentre tu traffichi col tuo testo editato, il redattore si starà già dedicando, con altrettanta passione e altrettanta pedanteria, a un’altra opera; poi passerà a un’altra, e a un’altra ancora. Tu ami i buoni libri, i libri ben fatti. Pensa a quanta gente lavora, nelle case editrici, silenziosamente, oscuramente, perché i libri risultino buoni e ben fatti. Certo: anche nell’editoria, come ovunque, ci sono i cazzoni. Anche tu lo sei, appena ti si guarda da vicino (da quant’è che non pulisci il forno? da quant’è che devi sostituire quella presa di corrente penzolante e con i fili scoperti? quante volte ti sei attaccato a Zoom in mutande?).
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