di Giulio Mozzi
[Diversi anni fa Gianni Bonina mi chiese di compilare per la rivista Stilos una rubrica che fosse qualcosa come “un corso di scrittura creativa a puntate”. Scrissi 100 puntate. Se le volete tutte in un colpo, le trovate qui. Rielaborate e aggiustate, le 100 puntate sono diventate anche un libro, pubblicato da Terre di mezzo: (non) un corso di scrittura e narrazione. Da oggi le ripubblicherò qui, una al giorno (salvo inconvenienti e incidenti); e cercherò di rispondere a eventuali domande, obiezioni, dubbi eccetera. Occasionalmente inserirò negli articoli, come approfondimento, qualcuna delle mie videolezioni].
Buongiorno. Questa è la prima puntata di un corso di scrittura e narrazione a puntate. Cominciamo sgomberando il campo da qualche possibile equivoco.
«Ma si può insegnare a scrivere?». Questa domanda mi è stata fatta mille volte. Rispondo: si può insegnare tutta la parte tecnica dello scrivere e del narrare. A me la parte tecnica dello scrivere e del narrare è stata insegnata. Ho lavorato sette anni nell’ufficio stampa della Confartigianato del Veneto, e lì alcuni giornalisti bravi e generosi mi hanno insegnato molte cose. Tra un racconto d’amore o di suspance e un comunicato stampa sulle norme igieniche nella produzione del gelato c’è una bella differenza; ma la tecnica che ci sta sotto, vi piaccia o no, è sempre quella.
«Come mai questa nuova moda dei corsi di scrittura?». Non è una nuova moda. La tecnica di composizione del discorso, ossia la retorica, ossia la tecnica di argomentare e raccontare con efficacia, si insegna da sempre. I primi manuali di tecnica del discorso li scrissero alcuni avvocati siracusani, riferisce Cicerone, più di quattrocent’anni avanti Cristo. Grammatica (cioè conoscenza della lingua) e retorica sono state per secoli le colonne portanti della cultura europea. Ovviamente la retorica d’oggi non è la stessa cosa della retorica di duemill’anni fa. Ma vi assicuro che quando ho letto l’Institutio oratoria («La formazione dell’oratore») di Quintiliano, pubblicata tra il 90 e il 100 dopo Cristo, ho avuta l’impressione di leggere un libro scritto da un mio collega d’oggi. Le questioni didattiche sono sempre le stesse.
«Ma allora, se a scrivere e raccontare si insegna, dove sta di casa il talento?». Faccio un esempio. La cortesia (cioè il comportamento formalmente ineccepibile) può essere insegnata: è una tecnica. La gentilezza d’animo non può essere insegnata: non è una tecnica. Però la gentilezza d’animo può essere il frutto, si dice, di una buona educazione. Allora diciamo che «insegnare» è tutt’altra cosa da «educare». Il talento può essere «educato»: ci sono persone più giovani di me, che secondo me sono dotate di talento, alle quali io volentieri offro tempo, disponibilità a discutere di qualunque cosa (in particolare dei loro tentativi di scrittura), libri in prestito (centinaia), complicità, sostegno morale, aiuto pratico (a una di queste persone, l’altra settimana, ho prestata una lampada). In sostanza, offro la mia amicizia, per quel che vale. Questo è, per me, il modo di occuparmi del loro talento. Ovviamente un laboratorio è tutta un’altra cosa. (Tuttavia succede che, a volte, una squisita cortesia venga scambiata per gentilezza d’animo. A volte la tecnica può essere così raffinata da simulare il talento).
«Ma allora, se ciò che si insegna è tutta tecnica, dove stanno i sentimenti, la creatività, l’ispirazione?». Appunto. I sentimenti, la creatività, l’ispirazione hanno bisogno della tecnica. Se io non so scrivere nel senso più banale della parola, se sono analfabeta, dei sentimenti e della creatività e dell’ispirazione mi faccio poco. Oppure me ne farò tanto, ma non nella direzione della scrittura. Racconterò a voce, dipingerò, farò salti e capriole, canterò: ma non scriverò. La cosa mi pare ovvia. Si tratta di accettare l’idea che esistano un abbiccì e una grammatica della narrazione: e che senza abbiccì e grammatica non si può andare tanto avanti.
«Ma per saper scrivere, bisogna leggere molto?». Lo pensano in tanti. Io penso che la scrittura ha anche bisogno di allenamento, come gli scacchi o il calcio o il pianoforte. Chi ha la patente ma non guida quasi mai, quando guida è un pericolo ambulante: lo sappiamo tutti. Invece chi guida tutti i giorni (se conosce la tecnica della guida, se non è del tutto privo di talento…) è più sicuro, più tranquillo, più efficace – e alla fin fine più veloce, anche se guida piano. Nessuno penserebbe di poter giocare seriamente a calcio senza un po’ di allenamenti, no?
«Tanto, io scrivo per me». «Io non faccio mai leggere a nessuno quello che scrivo». Certamente si può scrivere solo per sé. È importante però capire che la scrittura «per sé» è una cosa del tutto diversa dalla scrittura «per gli altri». Tutti i libri che abbiamo letti (o quasi tutti) sono stati scritti perché altri li leggessero. Le nostre scritture private, quelle che teniamo per noi soli o, al massimo, per noi e per le persone che ci sono più care, sono veramente scritture d’altra specie. E funzionano in tutt’altro modo. Se si vuole imparare a scrivere e narrare storie, è bene rendersi conto che non si narra a nessuno; si narra sempre a qualcuno. E quel qualcuno è importante, più importante di noi che raccontiamo. Infatti, se smette di ascoltarci o di leggerci, è come se la nostra storia svanisse.
* * *
Bene. Questa era una specie di premessa. La settimana prossima [ovvero: domani] parleremo delle tre parti in cui si divide la tecnica (o l’arte, dice qualcuno; ma la parola greca «tèchne», da cui «tecnica», e la parola latina «ars», da cui «arte» sono in realtà perfetti sinonimi) della scrittura e della narrazione: l’invenzione, l’organizzazione del discorso, lo stile. E poi, per un po’ di settimane, parleremo dell’invenzione. Perché, sapete, quando qualcuno viene da me e mi dice, colpendosi la fronte con un dito: «Sa, io la storia ce l’ho tutta qui, nella mia testa», la verità è (di solito) che in testa ha solo un germe della storia. Il germe va fatto germogliare: e cercherò di proporre dei sistemi. A risentirci.
Ho sentito molto parlare dei suoi corsi dal Prof. Angelo Ferrarini, La seguirò volentieri. Grazie
Rossana de Gaetano
Prego.
Ho appena letto e ho “sete” di leggere e vedere gli altri video! Grazie.
Li trovi tutti qui.
L’ha ribloggato su In Nomine Artis – Il ritrovo degli Artistie ha commentato:
Oggi vi proponiamo la lezione n°1 del “Non corso di scrittura creativa” elaborata da Giulio Mozzi che esordisce così: “Diversi anni fa Gianni Bonina mi chiese di compilare per la rivista Stilos una rubrica che fosse qualcosa come “un corso di scrittura creativa a puntate”. Scrissi 100 puntate. Se le volete tutte in un colpo, le trovate qui. Rielaborate e aggiustate, le 100 puntate sono diventate anche un libro, pubblicato da Terre di mezzo: (non) un corso di scrittura e narrazione. Da oggi le ripubblicherò qui, una al giorno.” – Imperdibili!
Mi sembra come il buon giorno del mattino.
Grazie
Buongiorno, dunque.