100 lezioni di scrittura creativa / 46 (dove, incongruamente, si fanno i propositi per l’anno nuovo)

Scrittura creativa, Corsi di scrittura creativa a Milano

di Giulio Mozzi

[Diversi anni fa Gianni Bonina mi chiese di compilare per la rivista Stilos una rubrica che fosse qualcosa come “un corso di scrittura creativa a puntate”. Scrissi 100 puntate. Se le volete tutte in un colpo, le trovate qui. Rielaborate e aggiustate, le 100 puntate sono diventate anche un libro, pubblicato da Terre di mezzo: (non) un corso di scrittura e narrazione. Le ripubblico qui, una al giorno (salvo inconvenienti e incidenti); e cercherò di rispondere a eventuali domande, obiezioni, dubbi eccetera. Occasionalmente inserirò negli articoli, come approfondimento, qualcuna delle mie videolezioni].

Come tutti (spero), anch’io ho compilata la mia lista di buoni propositi per l’anno nuovo [vi ricordo che questi articoli uscirono anni fa…]

Voglio leggere i romanzi inglesi. Sono sempre stato prevenuto contro il romanzo inglese. Non so quando ho cominciato. Potrei dire che ho sempre pensato che il romanzo inglese è insopportabile. Mi sono scoperto anche, a volte, a sostenere che gli unici romanzi inglesi buoni, li hanno scritti gli irlandesi (da Swift a Joyce) o al massimo gli statunitensi (James). Invece non è così vero. La verità è che trovo pallosissimo Thomas Hardy (ma, ho scoperto, sono in tanti a trovarlo pallosissimo), che le sorelle Brontë mi fanno venire il latte alle ginocchia, e che trovo l’ironia di Jane Austen geniale per quattro pagine, e insopportabile per più di quattro pagine di fila. E non sopporto (veramente non sopporto: sbuffo, strèpito, divento nervoso) i vari celebratissimi contemporanei Ian McEwan, Jonathan Coe, eccetera eccetera: quando li leggo sento il ronzio e il cricchettio di tutte gli ingranaggetti narrativi, ed è una cosa che mi dà sui nervi.
Però il Tristram Shandy di Lawrence Sterne è uno dei romanzi più belli che abbia mai letto. Però Tom Jones di Henry Fielding, che sto leggendo in questi giorni su pressante suggerimento di un amico (me l’ha regalato) mi sembra un capolavoro di grazia e cordialità. E allora? E allora, bisogna che vada in cerca di un certo romanzo inglese, quello che può piacermi e intrigarmi. Ad esempio, ho come il sospetto che Middlemarch di George Eliot possa intrigarmi…

Voglio scrivere una tragedia. Sissignori: una tragedia come quelle greche, con il coro, i monologhi, i messaggeri, e tutte quelle robe lì. Lo voglio fare dal 1999. E non mi ci sono messo mai seriamente. La storia c’è. Ce l’ho. E non ve la dico. Anche se l’ho già usata per un racconto. È un dramma familiare. Una cosa tosta. Con tanto di cadavere in scena, per tutto il tempo. Una sorella gemella scomparsa, un fratello gemello che nemmeno sa dell’esistenza della sorella… Forse il modello potrebbe essere più Seneca che i greci, a dire il vero. Non lo so. Il fatto è che io una tragedia non sono capace di scriverla. Però posso impegnarmi, no? Posso impegnarmi anch’io. Basta traccheggiare.

Voglio andare al cinema. Sembra facile, vero? Eppure io non ci riesco. Non ci vado quasi mai. Devo cominciare ad andarci. Almeno Finding Nemo, in somma, voglio vederlo. E anche Opopomoz. Non per niente ho cinque nipotini sotto i dieci anni [oggi sono molto cresciuti…]. Serviranno pure a qualcosa. Con tutti i libretti che gli regalo, troveranno il tempo di accompagnarmi al cinema.

Voglio smettere di perdere i biglietti da visita. Quando qualcuno mi dà il suo biglietto da visita, io lo perdo. Sempre. Questa cosa deve finire.

Voglio scrivere la sceneggiatura cinematografica che non ho mai scritta. Il soggetto l’ho già scritto. È una storia un po’ alla Signori e signore: una commedia all’italiana, forse. In un paese veneto (mettiamo del vicentino, va’) c’è un gruppo di notabili (il sindaco, il direttore della filiale della Banca popolare, il farmacista, il costruttore…) che s’inventa di fare le apparizioni della Madonna. Niente di strano. Quando in un paese comincia ad apparire la Madonna, nasce subito un business: immaginette, acque benedette, bancarelle, pasti per sfamare i pellegrini, pullman per trasportarli, e così via. «Facciamo una bella apparizione», dicono questi qua, «e poi prendiamo in mano la gestione di tutto». Reclutano un poveraccio, lo straccino del paese, naturalmente indebitato con tutti, ricattabilissimo, con sei bocche da sfamare a casa, e lo istruiscono per bene. Lo straccino comincia ad avere le visioni. Il business si mette in moto. Tutto va bene. Solo che un giorno, il figlio del sindaco fa un volo con la moto. Si spacca la testa. Finisce all’ospedale, in coma. È dato per spacciato. La moglie del sindaco (che non sa nulla della truffa, che crede che veramente la Madonna appaia ecc.) va dallo straccino e gli dice: «Adesso te, che sei così in confidenza con la Madonna, vieni con me in chiesa, e preghiamo finché mio figlio non si salva». Lo straccino, ovviamente, è terrorizzato. Comunque va con la moglie del sindaco, s’inginocchia in chiesa, prega. «Madonna mia», prega lo straccino, «vi prego, anche se ho partecipato a questa truffa condotta in vostro nome, toglietemi da questo guaio. Salvate la pelle a quel ragazzo, che poi vi prometto, svelerò tutto». Il ragazzo, miracolosamente, si salva. Si fa festa in tutto il paese. Lo straccino viene convocato dal Vescovo. Davanti al Vescovo, lo straccino cerca di confessare. Ma il Vescovo, che prima era stato scettico, ora è entusiasta delle apparizioni. Abbraccia lo straccino. Lo loda. Lo riabbraccia. Gli propone addirittura di farsi prete. Lo straccino non confessa. È più spaventato che mai. Un paio di settimane dopo, solenne cerimonia di ringraziamento al paese. Messa grande, col Vescovo. Lo straccino siede accanto a lui. A un certo punto, la Madonna gli appare davvero. «Madonna mia!», dice lo straccino, «come potrete perdonarmi ora?». «Ma va’», gli dice la Madonna, «che un po’ mi sono anche divertita». «Ma io vi ho ingannata!», si accusa lo straccino in lacrime. «Ah, be’, sì, d’accordo», ammette la Madonna, «ma quella volta in chiesa, mi pregavi sinceramente». «Sì, ma per paura, più che per vera fede!», dice lo straccino. «Mah», conclude la Madonna, «paura, fede… Queste sottigliezze… La misericordia di Dio non ci bada tanto… Stai tranquillo, va’. E non peccare più». E qui, con un primo piano dello straccino, mentre la Madonna scompare, dovrebbe finire il film.
Ecco. Io di scrivere una sceneggiatura non sono mica capace. Non rubatemi l’idea, eh! Però se c’è qualcuno che vuol darmi una mano…

Voglio fare 365 fotografie. Una al giorno. Per ricordarmi bene. Con la Polaroid, che mi piace un sacco. Perché io, sapete, sono uno che tende a dimenticarsi.

Bene. Questi sono i miei propositi. Quelli che c’entrano con la cosiddetta letteratura, naturalmente. Poi ci sono gli altri, quelli seri. Ma oggi non sono serio. Buon anno nuovo.

Nota 2015. Di tutti i buoni propositi, solo l’ultimo diventò cosa reale. Le fotografie sono orrende.

Ulteriore Nota 2015. Cosa insegna questo articolo? Eh: che fare buoni propositi non serve a niente. E che a volte ci sono delle immaginazioni destinate a restare tali, a non concretizzarsi mai in un’esecuzione: in un romanzo, in un racconto, in una tragedia…
E’ così. Mettiàmocela via.

Valentino Rossi porta il 46, ma non di piede
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