La Bottega di narrazione in mostra: Francesca Perinelli

Il 13 dicembre 2015 si è svolto, a Milano presso la sede della Bottega di narrazione (Spazio Melampo, via Tenca 7) l’incontro degli “apprendisti” con il mondo editoriale. Non era previsto che l’evento fosse immortalato, ma Francesca Perinelli – a sorpresa – ha registrato non tutto, ma parecchio. Abbiamo quindi cominciato a pubblicare le registrazioni delle presentazioni delle opere. La qualità è quella che è.

[Chi fosse interessato a consultare il fascicolo con la scheda e gli estratti di tutte le opere presentate, può prelevarlo cliccando qui].

Oggi pubblichiamo appunto la registrazione della “presentazione” di Francesca Perinelli. Che è cominciata con questo video:



E poi è continuata così:

francescaperinelliFrancesca Perinelli (Roma, 1969) vive e lavora come impiegata a Roma. Architetto che ha appeso da tempo la squadretta al chiodo, resta un’idealista con i piedi per terra, appassionata di letteratura e di vita.
Nel 2002 è tra i fondatori di Architettura Senza Frontiere Onlus. Dal 2012 cura il blog personale iCalamari. Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati in antologie corali e sono saliti a bordo di altri piccoli blog letterari.
Contatti: fran.perinelli[chiocciola]gmail[punto]com

La storia. 1986-2016. Un trentennio, sei cicli di classi elementari, il tempo trascorso è stato sufficiente perché i primi bambini a cui venne affibbiato l’appellativo “di Chernobyl” siano diventati a loro volta genitori e, in alcuni casi, nonni. I loro figli e nipoti sono sempre nuovi “bambini di Chernobyl”, piccoli pendolari da una nazione all’altra, alla ricerca della decontaminazione almeno parziale dalle radiazioni accumulate nell’organismo, radiazioni che non smetteranno per secoli di provocare i loro effetti nefasti.
2003-2011. Ci sono voluti quasi otto anni. Oggi sono madre di due ragazze di nascita bielorussa, conosciute nell’estate del 2003. Un’estate ricordata spesso come una delle più calde mai verificate. Ma che segna anche, nella memoria della nostra famiglia, l’avvio di una profonda trasformazione. Un periodo complesso, funestato da grandi difficoltà diplomatiche tra Italia e Bielorussia, e tra quello Stato e il resto del mondo.
Un po’ per caso, un po’ per testardaggine, ma anche per mere ragioni di vicinanza geografica con le sedi governative in Roma, mi sono ritrovata da subito tra i condottieri di un movimento spontaneo con aderenti da tutta Italia, la cui perseveranza e le cui azioni hanno portato infine all’insperata realizzazione di centinaia di adozioni negate, tra le quali la nostra.
Sul piano personale, nel tempo, la nascita di un fratellino italiano ha anticipato l’ingresso in famiglia delle piccole, vissuto e festeggiato quindi come un autentico lieto fine. Abbiamo così potuto tirare un sospiro di sollievo e dire, con Shakespeare, maestro delle trame ingarbugliate, che “Tutto è bene quel che finisce bene”.
Ma ciò che è avvenuto nel mezzo – lo sgomento degli adulti, il dolore dei bambini, la circostanza che ha visto le più disparate persone di ogni parte d’Italia riunirsi e battersi, nella cornice di un complicato quadro politico internazionale, sconfinato anche in fatti di cronaca pubblica e privata che altrimenti non sarebbero mai accaduti; le disfatte, l’inaspettata conclusione – merita di lasciare traccia. Questo testo è il racconto dell’effetto-valanga seguito a un gesto sconsiderato ed egoista.
In altre parole, a un gesto d’amore.

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