di giuliomozzi
1. Tutto quello che vi hanno insegnato alla scuola elementare sull’uso della punteggiatura (che la virgola segna una pausa piccola, il punto una pausa lunga, il punto e virgola una mezzana; che i due punti si usano solo per introdurre citazioni, frasi parlate ed elenchi; che le parentesi sono brutte da vedere; eccetera) andava bene quando ve l’hanno insegnato, appunto, alla scuola elementare: ma adesso che siete grandi non va più bene. O preferite credere ancora a Babbo Natale?
2. La punteggiatura non è un di più rispetto al testo (alle parole e alle frasi), non è un ornamento o un vezzo: la punteggiatura fa parte del testo e insieme alle parole e alle frasi concorre a fare ciò che un testo deve fare: produrre un determinato effetto su chi legge. E non è vero che non si possano usare i due punti due volte di fila, né che non si possa cominciare un periodo con una ‘e’.
3. La punteggiatura non è soggetta a regole se non, eventualmente, di buona creanza nei confronti del lettore. Ma la buona creanza è una convenzione, e le convenzioni si possono contraddire, se si hanno buone ragioni per farlo. Punteggiare male è come presentarsi a una personalità illustre dandole una pacca sulla spalla e salutando con un tonante: “Ehilà, vecchio, come butta?”, ma ci sono situazioni nelle quali ha senso presentarsi a una personalità illustre dandole una pacca sulla spalla e salutandola con un tonante: “Ehilà, vecchio, come butta?”. (In certi casi, “vecchio” può essere espanso a “vecchio figlio di puttana”).
4. L’assenza di punteggiatura è una forma di punteggiatura, forse la più difficile.
5. Gli usi nel punteggiare cambiano nel tempo, nello spazio e da lingua a lingua. Se date un’occhiata a certe poesie di Emily Dickinson non potete non notare che il testo sembra composto prevalentemente da trattini. Tutte le traduzioni comportano una traduzione della punteggiatura, tutte le edizioni dei testi antichi (che spesso di punteggiatura sono del tutto privi, o nei diversi manoscritti hanno punteggiature diverse secondo l’umore o il gusto dei diversi amanuensi, o che usano segni di punteggiatura oggi completamente in disuso eccetera) forniscono una punteggiatura rimaneggiata o inventata di sana pianta dall’editore (nel senso di: persona che edita il testo). Evitate dunque di leggere Boccaccio per scoprire come punteggiva quel grand’uomo, mentre ha senso leggere Manzoni – che curò personalmente, e nei minimi dettagli, l’edizione definitiva de I promessi sposi (piaciuto il trattino?). Ma i maestri non hanno fissato regole, hanno fatto le loro scelte: oggi, per dire, i puntini di sospensione… sono regolarmente tre, Manzoni ne usava quattro, e il tirchissimo Leopardi appena due.
6. Nel corso del Novecento gli scrittori; ne hanno fatte passare di tutti i colori, alla punteggiatura. Lévatevi dunque dalla testa che che si possa) ancora fare, sperimentazione: con la! punteggiatura – Al massimo si pescano esempi da? quelli che sono ormai diventati dei grandi o piccoli Classici, tipo Mallarmé o Céline o Joyce o e e. cummings o Berto o Sanguineti o chi volete voi.
7. Va considerato attentamente l’aspetto visivo del testo. I redattori delle case editrici, per esempio, sanno bene quanto una pagina possa parere brutta se gli spazi bianchi tra un periodo e l’altro (tra un punto fermo e la successiva maiuscola) formano delle scalette o dei precipizi, o se al piede o in cima di una pagina restano righe vedove od orfane. Una pagina affollata di maiuscole è una pagina diversa da una pagina tutta minuscola, una pagina affollata di a capo è una pagina diversa da una pagina che appare come una colata di piombo (si dice ancora così, anche se il piombo non si usa più da un pezzo), una pagina tutta piena di parole corte è una pagina diversa da una pagina tutta piena di parole lunghe, e così via. L’ampiezza o la micragnosità dei margini (i margini sono un costo, per chi pubblica), l’interlinea, l’assenza o presenza del rientro d’inizio paragrafo, per tacer del carattere scelto per la stampa, producono effetti diversi. Provate a immaginare una poesia di guerra di Ungaretti nella quale siano aboliti gli a capo, e subito capirete. La punteggiatura contribuisce a questo aspetto visivo del testo, e potentemente. (E, ah: pure una riga bianca, un cambio di pagina, e così via, in quanto segni di partizione del testo, sono – anche – punteggiatura).
8. La punteggiatura serve, anche, all’articolazione logica del discorso. La punteggiatura serve, anche, a proporre un’andatura nella lettura – nella lettura mentale, però, perché quella reale, quella di un testo letto ad alta voce, è tutt’altra cosa. La punteggiatura, anche, è al servizio della sintassi. Ma ricordate che esiste anche uno stile di punteggiatura. Se leggete questo mio decalogo, se ne avete letti altri, vi sarete accorti che le mie frasi (almeno le mie frasi in questo specifico genere letterario che è appunto il decalogo) sono fatte in un certo modo, e che quel certo modo di fare le frasi è inestricabile dal, mio, specifico, modo, di, punteggiare. Guardate (non limitatevi a leggere: guardate, anche) ciò che scrivete, e domandatevi quale sia il vostro stile di punteggiatura.
9. Ciclicamente qualche giornalista di cultura scrive una lamentazione sulla morte del punto e virgola (e/o del congiuntivo). Non crediate però che il punto e virgola (e il congiuntivo) siano componenti nobilitanti del testo. Non è che se il vostro testo ha tanti punti e virgola (o tanti punti e virgole? Mah!) e tanti congiuntivi diventa perciostesso letteratura. Più in generale: qualunque cosa facciate in un testo con lo scopo di renderlo più letterario, è destinata a imbruttirlo.
10. E con la frase precedente abbiamo sdoganato, pure, la virgola tra il soggetto e il verbo.
L’ha ribloggato su Sono Solo Scarabocchie ha commentato:
Fantastico.
Non ho altro da dire, Vostro Onore.
(non l’ho detto io? Però Sposo Ciò Che Lui Ha Scritto. Amen.)
ok. Ribloggato. Mipiaciato. Condiviso su profilo, pagina e gruppi vari. Posso fare nient’altro?
Se ti crescono un paio di bottiglie di vino, Amneris, potresti spedirmele. Grazie.
>abbiamo sdoganato, pure, la virgola tra il soggetto e il verbo.
Mi ricordavo bene, quindi, che si potesse fare. E infatti.
>né che non si possa cominciare un periodo con una ‘e’
Ecco.
Mi sono molto divertito, nonché istruito. Grazie.
Magari si poteva evitare l’orribile, insopportabile “od”. Ma questo è un altro discorso…
La mia insegnante del liceo boicottava i miei temi per i troppi punti, i periodi sospesi e i trattini.
Grazie!
Grazie. Adesso. E’ fatta. Giustizia.
A meno che, Cesare, “Oood” non sia un grido di battaglia.
Sono commossa e felice. Avevo delle idee, me le avevano distrutte, ora su un campo di macerie provo a ricostruire. Non so se arriverò mai a non contrariare le massime autorità, ma mi sento meno blasfema. Grazie