Le dieci buone ragioni per cui smetto, senza pentimenti, di leggere un romanzo (in dattiloscritto o pubblicato, fa uguale)

di Giulio Mozzi
direttore della Bottega di narrazione

0. Sia chiaro: queste sono le dieci ragioni per cui io smetto di leggere. Non sono le “dieci buone ragioni per smettere di leggere”. Non pretendo di legiferare sulla base delle mie personali idiosincrasie.

1. Quando mi addormento. Per carità: ormai ho passato i sessant’anni, e so che se mi metto a leggere la sera, a letto, mi addormento comunque. Però, ecco, se mi succede alle tre del pomeriggio, mentre leggo al tavolo, la cosa è sospetta.

2. Quando, riprendendo il libro dopo averlo interrotto (per fare altro, per andare a letto, per rispondere al telefono ec.) mi accorgo che non so ritrovare al volo il punto in cui mi sono fermato. Più precisamente: quando riguardo una pagina, e non riesco a ricordarmi se l’ho già letta o no; mi pare di averla già letta, e anche non mi pare.

3. Quando, mentre leggo, mi par di vedere dentro la mia testa le rotelle e rotelline della storia che funzionano, funzionano, funzionano; e s’incastrano magari alla perfezione, ma restano pur sempre rotelle e rotelline. No, no. Io voglio vedere, dentro la mia testa, i personaggi, i paesaggi, gli interni delle case, e così via.

4. Quando leggo, leggo, e mi pare di averlo già letto, quello stesso romanzo, almeno altre sette volte.

5. Quando mi accorgo che l’autore non fa accadere ciò che potrebbe accadere (cioè: una delle tante cose che potrebbero accadere), ma fa accadere esattamente ciò che serve a lui, all’autore, per mandare avanti la storia. Eh no. Pretendo che nei romanzi l’autore non si senta – si potrà sentire il narratore, ma è tutt’altra faccenda.

6. Quando mi accorgo che ci sono così tante parole di troppo, che l’occhio le salta. Se poi salta intere frasi…

7. Quando comincio a contare i cliché linguistici, e arrivo a tre per pagina.

8. Quando per tre volte di fila penso “Ecco, adesso arriva il colpo di scena”, e puntualmente il colpo di scena arriva (se poi ho anche indovinato in che consisterà il colpo di scena…).

9. Quando ho la sensazione che la lingua in cui il romanzo è scritto non sia la lingua di nessuno in particolare, ovvero quando non riesco a sentire la voce di colui che racconta, ovvero quando non riesco a immaginarmi il narratore.

10. Quando incontro il verbo “sorridere” usato transitivamente nel senso di “dire sorridendo”: “‘Si accomodi dottoressa’, sorrise l’avvocato” et similia.

[Quanto al narratore: non è l’autore, evidentemente, né il personaggio narrante. Il narratore è il luogo d’incontro tra quella parte dell’autore che ha effettivamente scritto l’opera – se preferite, la proiezione di sé che l’autore ha messo nell’opera – e l’immaginazione dell’autore che il lettore costruisce nella propria mente].

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