Perché le pentole sono così importanti per la scrittura dei romanzi

di Giulio Mozzi, direttore della Bottega di narrazione

Vi chiedo un po’ di pazienza. Prima una filza di esempi, poi la spiegazione.

Cominciamo dal Vocabolario Treccani, edizione in rete:

Pentola: «Recipiente da cucina, di forma cilindrica e con due manici, in genere di altezza maggiore del diametro, di materiale metallico (acciaio inossidabile, alluminio, ferro smaltato, rame), anticam. di terracotta, usato per lessare carni e verdure varie, per cuocere minestre e sim.»

Padella: «Utensile da cucina, di forma rotonda, largo e poco profondo, provvisto di lungo manico, usato soprattutto per friggere.»

Tegame: «Recipiente da cucina, rotondo, a fondo piatto con sponde non molto alte (dritte o un poco svasate), con un solo manico sporgente e allungato o con due manici ad ansa, di acciaio inossidabile, di rame, di ferro smaltato, di alluminio, o, anche, di sostanza pirofila; si usa per cuocere carni, verdure, frittate, o per cottura rapida di altre vivande.»

Ma vediamo il Dizionario dei sinonimi del Tommaseo (1830; pesco dall’ed. del 1925, aumentata dal Rigutini):

Pentola: «È sempre di terra.»

Padella: «Uno dei principali utensili della cucina: è di ferro, largo, poco fondo e tondo, con lungo manico pur di ferro, per uso di friggere.»

Tegame: «Vaso di terra piatto con due orli alti e due manichi, per cuocere carne e altro.»

Nel Dizionario della lingua italiana di Tommaseo (ancora lui) e Bellini (1861-1874):

Pentola: «Vaso per lo più di terra cotta, nel quale si cuociono le vivande.»

Padella: «Vaso stagnato o anche di ferro, largo, poco cupo, con lungo manico di ferro, a uso di friggerci alcune vivande.»

Tegame: «Vaso di terra piatto con orlo alto, per uso di cuocer vivande

E la Nomenclatura italiana figurata di Massimiliano Barbieri, 188512:

Pentola: «Arnese da cuocervi dentro la carne a lesso od altre cose.»

Padella: «Utensile di rame da friggervi le vivande.»

Tegame: «Piatto concavo di terra per cuocervi intingoli e altro.»

Questo è La casa o vocabolario metodico domestico di Luigi Fornari (1888, detto anche Il nuovo Carena):

Pentolo (sì, al maschile): «Vaso di terra cotta panciuto nel mezzo, con manico ad ansa da un lato. Pentola, ove cuoce il lesso chi non ha calderotto.»

Padella: «È, per lo più, di frro battuto, larga, pochissimo cupa, con manico arcato, ma fermo, da friggervi checchessia.»

Tegame: «Vaso di terra cotta, con fondo piatto, sponda diritta ma un po’ più alta di quella della detglia: usa per le pietanze in umido.»

E ora il Vocabolario nomenclatore di Palmiro Premoli, del 1912:

Pentola: «Noto arnese di cucina: vaso di terracotta o di metallo, nel quale si cuoce la minestra, la carne a lesso, ecc.»

Padella: «Noto arnese da cucinare (adoperato per friggere alcune vivande), di rame stagnato o anche di ferro, largo, poco profondo e con manico.»

Tegame: «Arnese di cucina, vaso circolare (con fondo piatto, sponda bassa, diritta, e con manico), per cuocere vivande.»

Bene. Se siete sopravvissuti agli esempi, vuol dire che la cosa vi interessa parecchio. Magari state scrivendo un romanzo in parte ambientato negli ultimi anni dell’Ottocento; che non ci fossero le pentole (vale qui come termine generico) antiaderenti, vi era ben chiaro; forse non vi siete ancora domandati di preciso di quale materiale fossero gli arnesi da cucina che stanno tra le mani dei vostri personaggi. Ma i dizionari, e in particolare i dizionari vecchi, non servono soltanto a chi voglia scrivere storie ambientate in altri decenni o in altri secoli. Servono anche, e molto per scrivere del presente.

Vi accorgerete presto, se dedicherete un po’ di tempo a consultare dizionari e vocabolari (a proposito: qual è la differenza?), che la maggior parte degli oggetti di uso comune non solo hanno nomi diversi nel tempo (oppure, che è lo stesso: nomi vecchi vengono applicati a oggetti nuovi), ma hanno nomi diversi anche nello spazio. L’Italia non è solo una Paese di tanti dialetti, ma anche di tante varianti regionali dell’Italiano. Esempio classico: sono veneto e per me la parola «fondina» significa – e di solito il contesto non lascia dubbi – o la tasca agganciata a una cintura nella quale si conserva la pistola o il recipiente nel quale si pone la minestra per mangiarla; ma in questo secondo significato un toscano userà più naturalmente la parola «scodella»: che per me è quella per il caffelatte del mattino. Per tacere di quella parte del corpo umano che dalle mie parti (e in tutto il Nord, credo) si chiama uccello, e in Sicilia – mi dicono – è un pesce. E così via.

Ho scelto «pentola», «padella» e «tegame» ma avrei potuto, anche senza uscire dalla cucina, anche senza uscire dall’armadio del pentolame, proporvi centinaia di altre parole, che so: «paiolo, caldaia, calderotto, bigutta, pesciaiola, ramino, ghiotta, casseruola, teglia, fornello, bastardella, leccarda, cuccuma, pignatta, stufarola, bastardella», e così via; senza contare che molte di queste parole hanno dei diminutivi o degli accrescitivi, o delle variazioni maschile/femminile che non toccano solo le dimensioni, ma anche i significati: un tegamino e una tegamina non sono semplicemente un tegame piccolo, e comunque son due cose diverse (sostengono, concordi, Tommaseo e Barbieri e Fornari).

Naturalmente poi ciascuna di queste parole può avere degli usi traslati (a es. in ospedale la «padella» non serve necessariamente a cucinare; e se hai una «padella» sulla camicia ciò non significa che tu abbia un abbigliamento strvagante), e qui le cose si complicano ancora.

Nel corso Fondamenti di stile, che condurrò dall’11 settembre con l’affiancamento di Manuela Mazzi, lavoreremo parecchio con i vocabolari. Per imparare, in sostanza, che i vocabolari non servono tanto per scoprire il significato di parole che non conosciamo, quanto per scoprire l’esatto (e spesso il volubile) significato delle parole che adoperiamo; per approfondirne i significati; per conoscerne la storia. La storia, sì: perché non è trascurabile il fatto che «padella» venga dal latino «pàtere», che significa «essere aperto»: la padella è dunque connessa con la patente (quella per guidare), con le verità patenti (quelle che tutti vedono) e con il truffatore patentato («che è cioè realmente e quasi professionalmente tale, come se ne avesse un pubblico e legale riconoscimento»: Treccani). «Pentola» invece viene, a quanto pare, da «péndere», ossia dallo stare appesa sopra il fuoco: è in relazione quindi con le liti in pendenza di giudicato, cioè ancora da risolvere di fronte a un giudice, e con la pendola che batte le ore. «Tegame» invece è uno degli innumerevoli derivati dal verbo «tégere», che vale coprie e riparare; nasce come parola che indica un coperchio che si pone su un recipiente, e passa per metonimia a sigificare il recipiente intero; ed è imparentato con i tetti e con le tegole, con le tigelle (quelle emiliane) e la tettonica a zolle, nonché col verbo proteggere, con la protezione («E bene, la consigli di venirsi a mettere sotto la mia protezione. Non le mancherà più nulla, e nessuno ardirà inquietarla, o ch’io non son cavaliere», dice don Rodrigo a fra Cristoforo nel vi dei Promessi sposi).

Fondamenti di stile è co-organizzato da Bottega di narrazione e da Photo Ma.Ma. Edition di Minusio. Si svolge interamente on line. Consta di 60 ore di lezione in cinque fine di settimana. Il programma dettagliato è qui. Le iscrizioni sono aperte.

Il programma 2021-2022 della Bottega di narrazione

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