100 lezioni di scrittura creativa / 20 (dove si spiega che scriver libri non serve a trovare partner sessuali)

Scrittura creativa

di Giulio Mozzi

[Diversi anni fa Gianni Bonina mi chiese di compilare per la rivista Stilos una rubrica che fosse qualcosa come “un corso di scrittura creativa a puntate”. Scrissi 100 puntate. Se le volete tutte in un colpo, le trovate qui. Rielaborate e aggiustate, le 100 puntate sono diventate anche un libro, pubblicato da Terre di mezzo: (non) un corso di scrittura e narrazione. Da oggi le ripubblicherò qui, una al giorno (salvo inconvenienti e incidenti); e cercherò di rispondere a eventuali domande, obiezioni, dubbi eccetera. Occasionalmente inserirò negli articoli, come approfondimento, qualcuna delle mie videolezioni].

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Buongiorno. Mi pare che ci siamo un po’ persi, tra discorsi sulla relazione con il lettore come relazione di seduzione e innamoramento, e chiacchiere sui blog, ossia sulle scritture diaristiche nella rete. Ma non ci siamo persi per nulla. Scrivere tutti i giorni qualcosa, in un luogo pubblico, significa dover ri-sedurre, di volta in volta, il lettore (vale anche per questa rubrichetta settimanale).

Qualche giorno fa una tipa sconosciuta mi ha scritto per posta elettronica: «Senti, Giulio. Ho letto il tuo libro Il male naturale. Poi ho letto il tuo libro Il culto dei morti nell’Italia contemporanea. Ci ho pensato su. Bisogna assolutamente che noi scopiamo», segue indirizzo, telefono ecc. È curioso che questo cortocircuito avvenga (rileggete i titoli dei due libri) attraverso il coté più necrofilo della mia scrittura (voglio dire, sarebbe tutt’altra cosa essere presi di mira per aver scritto La felicità terrena, no?): d’altra parte so bene che uno dei due libri in questione, Il male naturale, che è il mio più brutto libro, è il mio più brutto libro perché è un libro che ho scritto per me. In una noterella nell’ultima pagina, ho scritto addirittura: «Credo che fare questo libro mi abbia salvato la pelle e quindi m’importa poco del male che potrà fare ad altre persone».

Eppure, anche un libro che io, sbagliando, ho scritto prima di tutto per me, è riuscito a operare delle seduzioni. L’e-mail che ho ricevuta qualche giorno fa, ne è testimonianza. D’altra parte, mi pare indubbio che quella lettera è una lettera impropria. Che risponde, suppongo, all’improprietà dell’atto di comunicazione che ho compiuto io. Ho scritto prima di tutto per me, e il risultato è che il libro, per così dire, non è un libro. Un vero libro fa venire voglia al lettore di raccontare a sua volta delle storie, non di copulare con l’autore.

Tutto questo per dire: che bisogna stare attenti con la seduzione. Se il lettore è il mio desiderio, è bene che io abbia un’idea di come è fatto il mio desiderio. Una buona relazione amorosa, lo sanno tutti tranne certi adolescenti e i quarantenni disperati, non è «solo sesso» (e non è neanche, lo sanno tutti tranne gli altri adolescenti, «puro spirito»). Io ho fatta una curiosa cosa, con i miei libri: in alcuni agisco verso il lettore un desiderio «puro spirito», in altri agisco verso il lettore un desiderio «solo sesso». I «puro spirito» sono meglio dei «solo sesso»; ciò non toglie che siano libri intimamente difettosi.

Chiunque conosce almeno una “coppia perfetta”: lui e lei sembrano veramente indissolubili. Non che siano come i lui e le lei del mulino bianco: sono un lui e una lei dotati di personalità, che litigano abbondantemente, che non sono d’accordo su nulla, e così via: però sembrano veramente indissolubili. Io, difronte a coppie così, mi rendo conto che non sono capace di capire. Eppure, a dirla, è una cosa così semplice: sono persone che si amano integralmente. Non sono né «solo sesso» né «puro spirito», non fanno distinzioni di alcun tipo nel loro desiderio. Lui ama lei, desidera lei; lei ama lui, desidera lui. Lui non ama, che so, la dolcezza di lei, i begli occhi di lei, il ventre caldo di lei; lei non ama, che so, le chiappe sode di lui, la calma di lui, le orecchie buffe di lui: no, si amano integralmente.

Allo stesso modo, ci sono degli scrittori che investono il lettore con un desiderio integrale. Non sono tanti. Qualche settimana fa parlavo di quei narratori che riescono a pensare le loro narrazioni come «totalità organizzate»; costoro, scrivevo, si concedono uno smisurato egocentrismo, ossia escludono dalla loro mente qualunque pensiero che non concerna il pensare la narrazione come «totalità organizzata». Bene: un narratore che riesce a pensare le sue narrazioni come «totalità organizzate», è uno scrittore che investe il lettore con un desiderio integrale. Egli non desidera, infatti, che il lettore sia avvinto da questa o quella cosa presente nel testo: desidera che il lettore sia avvinto da cima a fondo, per tutto il tempo della lettura.

Il paradosso apparente è dunque questo: solo il narratore dotato di uno smisurato egocentrismo è capace di investire il lettore con un desiderio integrale. Come dire, che solo una coppia di egocentrici smisurati può amarsi integralmente. D’altra parte, l’ho ricordato due settimane fa, ci fu uno che disse: «Ama il tuo prossimo come te stesso». Ossia: l’altruista assoluto, dovendo definire l’amore per l’altro, prende come modello l’amore per sé.

* * *

A chi mi dice: «Ma, in somma, questo lettore del quale parli sempre, che cos’è? È un lettore ideale? È un «lettore modello», così come definito da Umberto Eco? È “il pubblico”? È una tua costruzione mentale? È il risultato della tua ormai pluriennale interazione, interna ed esterna ai libri, con i lettori? Che cos’è questo cavolo di lettore di cui parli sempre?». Posso rispondere solo questo: è la proiezione del mio desiderio, del mio desiderio di un altro. Purtroppo io non sono tanto forte, e non sono nemmeno capace di concepire un completo desiderio di un altro. Questo altro che desidero, è altro da me solo in parte, forse in piccola parte.

Ma dicevo anche, qualche settimana fa, che di narratori capaci di pensare la narrazione come «totalità organizzata», ossia di investire il lettore con un desiderio integrale, ossia di concepire un completo desiderio di un altro, io ne conosco tre, in Italia. In parecchi mi hanno scritto per dirmi: «Fuori i nomi, e i titoli». Allora: Antonio Moresco, Gli esordi, Feltrinelli; Vitaliano Trevisan, Un mondo meraviglioso, Theoria, appena ripubblicato da Einaudi; Aldo Busi, Vita standard di un venditore provvisorio di collant, Mondadori. E a questi tre aggiungerei un quarto, che è una mia personale scommessa: Umberto Casadei, Il suicidio di Angela B., Sironi. Buone letture.

(«Ehi, ehi! E la tipa dell’e-mail?». «Le ho risposto: non se ne parla neanche»).

5 pensieri riguardo “100 lezioni di scrittura creativa / 20 (dove si spiega che scriver libri non serve a trovare partner sessuali)

  1. Provo a immaginare come dev’essere concepire la narrazione come “totalità organizzata”, e l’unica cosa che riesco a pensare è che lo scrittore che ci riesce, che riesce a concepire il proprio romanzo come una totalità organizzata, dev’essere dotato di una memoria eccezionale. Solo una memoria eccezionale riesce a cogliere il totale e a ricordare i minimi particolari (le virgole, i vocaboli, ecc.) che se spostati possono modificare questa totalità. Io, ad esempio, già solo nei racconti, riesco a pensare solo a piccole porzioni di testo. Forse la mia è una conclusione superficiale…

  2. Anche l’età dell’autore non è da sottovalutare, in fatto di memoria! Grazie ancora Giulio che ci fai partecipi, con così grande generosità, alla tua esperienza di scrittore e insegnante!

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