Dieci sistemi quasi sicuri per non essere ammessi alla Bottega di narrazione

di Giulio Mozzi

1. Hai letto il Bando. Prepari dunque il tuo progetto. Lo spedisci da una casella postale che non consulti quasi mai. Noi riceviamo l’email; constatiamo che il documento allegato non si legge (succede); rispondiamo all’email chiedendo l’invio di un nuovo documento. Poiché quella casella postale non la consulti quasi mai, tu non leggi la richiesta. Tre mesi dopo, a selezioni avvenute, mandi un’email (sempre da quell’indirizzo che non consulti quasi mai) chiedendo le ragioni della mancata ammissione. Ti rispondiamo spiegandoti che il documento non si leggeva (succede) e che avevamo richiesto un nuovo invio. Tre mesi dopo consulti la casella, vedi la nostra risposta, e fai immediatamente un post in Facebook spiegando che alla Bottega di narrazione non sono nemmeno capaci di usare la posta elettronica e scaricare un allegato.

2. Il tuo progetto è molto semplice: “Ho sempre desiderato scrivere un libro”. Non ritieni opportuno aggiungere altro.

3. Piuttosto che scrivere il progetto, preferisci raccontarcelo. Così prepari un bel discorsetto, lo registri in audiovideo ottenendo un file che dura un paio d’ore e pesa qualche ettaro cubico di byte, e ce lo spedisci così, allegramente, con WhatsApp.

4. Per essere sicuro sul da farsi, telefoni preventivamente a Giulio Mozzi (hai letto il bando, ma non si sa mai). Ottieni le spiegazioni che cercavi. Giunto a metà progetto ti vengono dei dubbi: così, per sicurezza (hai fatto esattamente come lui ti ha detto, ma chissà, forse ha cambiato idea), telefoni a Giulio Mozzi. Fai qualche domanda, ottieni le risposte. Finisci molto serenamente di scrivere il tuo progetto e, prima d’inviarlo, decidi di avvisare telefonicamente Giulio Mozzi (gli farà piacere, sapere che sei molto felice di aver messo a punto il progetto nel migliore dei modi possibili). Aspetti un paio di giorni e telefoni a Giulio Mozzi per essere sicuro che il progetto sia arrivato (ti è arrivata la risposta automatica, ma chi si fida delle risposte automatiche?). Poiché il termine entro cui presentare i progetti è il 1° ottobre, il 2 ottobre telefoni a Giulio Mozzi per avere notizie (devi pur programmarti, comperare i biglietti, cercare una pensione). Giulio Mozzi ti invita ad aspettare qualche giorno. Per essere sicuro che il tuo progetto non venga dimenticato in un angolo, telefoni a Giulio Mozzi il 3, il 4 e il 5 ottobre (con tutto quello che ha da fare, vedi mai che non si perda proprio il progetto tuo). Misteriosamente, dal 6 ottobre in poi la Vodafone ti dice che il numero di Giulio Mozzi è inesistente.

5. Prepari il progetto, scrivi un’email commovente, alleghi il progetto all’email, e dimentichi l’email nella cartella delle bozze.

6. Il tuo progetto è: scrivere una biografia romanzata di Charles Bukowski. La vita del celebre scrittore statunitense sarà ambientata in Italia: nato a Castellamare di Stabia, da padre genovese e madre vegana, Carlo Bucoschi si trasferisce poco più che diciottenne a Scortichino, ridente paesello dell’Emilia. Lì mette in piedi, grazie a una donazione misteriosamente pervenutagli, un florido commercio di ossa bovine destinate alla produzione di mangimi. Morirà quasi novantenne, circondato dall’affetto della moglie (Armida Tementi, di San Giovanni in Persiceto, insegnante di sostegno) e dei quattro figli (Ernanes, Radamès, Jolinda, Fabrizia). Solo dopo la morte si scoprirà la sua vera identità e la vera fonte dei suoi guadagni: con lo pseudonimo di P. Orcello il Bucoschi aveva pubblicato ben centoventitre romanzi pornografici di discreto successo, tutti ambientati a Vigevano (località nella quale egli, il Bucoschi, non risulta mai essersi recato). Quanto alla donazione, si trattava in realtà del frutto di una rapina alle Poste.

Clamidoforo troncato
7. Non hai un vero e proprio progetto. Ma quello che vuoi fare è scrivere un’opera nella quale si affronti il tema del disagio esistenziale del canguro nell’Australia contemporanea. Si tratta naturalmente di un’allegoria: quello che t’importa davvero è raccontare il disagio esistenziale del clamidoforo troncato nell’Argentina contemporanea.

8. Mandi ventidue progetti. Richiesto di indicare i due o tre che ti stanno più a cuore, rispondi: che intendi portarli avanti tutti contemporaneamente.

9. Il tuo progetto si chiama: Biologia ed etologia del cigno di Busseto, e consiste nel raccontare la vita di Giuseppe Verdi. “Ma in modo tale”, spieghi nel progetto stesso, “che solo all’ultima pagina si capisca che sto parlando dell’illustre musicista e non di un bipede pennuto”. Dopo accurate indagini si scopre che sei, sotto pseudonimo, il medesimo autore del progetto n. 6.

10. Ti rifiuti di inviare il progetto via posta elettronica. Lo spedisci con una raccomandata con avviso di ricevimento, in busta sigillata. La busta sigillata contiene un foglio e un’altra busta a sua volta sigillata. Nel foglio dichiari: che il progetto (contenuto nella seconda busta) è depositato presso la Siae; che diffidi i gestori della Bottega dal diffondere il progetto in qualunque luogo e situazione, di farne copie cartacee o digitali, di discuterlo in stanze non insonorizzate e non chiuse a chiave (doppia mandata).

3 pensieri riguardo “Dieci sistemi quasi sicuri per non essere ammessi alla Bottega di narrazione

  1. …e poi ce n’è uno sicuro per non essere ammessi: aver già partecipato a una bottega precedente. Però la tentazione è sempre forte 😉 mi trattengo, mi trattengo!

  2. Bel post. Complimenti. Rende l’idea.
    Solo una osservazione: l’ultimo si chiama “diritto d’autore”, esiste una legge. Forse un comportamento troppo scrupoloso – diciamo così – ma…. qualche diritto (ancora) esiste. … o è solo parlare, parlare, parlare e… parlare?

    Una domanda: perché ad una “Bottega di narrazione” si dovrebbe essere «ammessi»?

  3. Buondì Cesre. Il decimo punto scherza su quelle persone (non tante, ma ce ne sono) che vivono nell’incubo che qualcuno gli “rubi l’idea”, e pertanto s’inventano mille cautele (il deposito dell’opera in Siae, tipicamente: che è una cosa perfettamente inutile, e pure costosetta). Il caso limite è rappresentato (anche qui: uno all’anno me ne càpita) da quelli che si dichiarano disponibili a far leggere il proprio romanzo all’editore solo dopo aver firmato il contratto per la pubblicazione (il che, spero sia evidente, è assurdo).

    Alla Bottega di narrazione, come è spiegato nel bando ci si candida: e si può essere ammessi o no.

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