I sei mondi di Pinky (più uno)

Massimo Mattioli

di Giulio Mozzi

Pinky è un coniglietto rosa; la sua fidanzata è la coniglietta Petunia, altrettanto rosa. Le loro avventure erano scritte e disegnate nel settimanale “Il Giornalino” da Massimo Mattioli (1943-2019: una sua fotografia giovanile è qui sopra), che è stato – ardisco dirlo – uno dei massimi autori di fumetto che siano esistiti al mondo. Mattioli si divertiva spesso a giocare con le possibilità formali del fumetto; e nel settembre del 2012 pubblicò la storia che qui vi presento. Se vi è piaciuto il gioco proposto qualche giorno fa da Valentina Durante, potrebbe piacervi anche questo.

Ecco la storia (la prelevo da Fumettologica):

Massimo Mattioli, Pinky, Opera d'arte

Massimo Mattioli, Pinky, Opera d'arte

Massimo Mattioli, Pinky, Opera d'arte

Massimo Mattioli, Pinky, Opera d'arte

Massimo Mattioli, Pinky, Opera d'arte

Massimo Mattioli, Pinky, Opera d'arte

Se non avete indovinato quali sono i sei artisti che Mattioli ha “ripreso” nelle sei immagini grandi, non preoccupatevi: li trovate qui sotto. Prima di andare a controllare, comunque, ecco una piccola riflessione.

Prendiamo come assioma che tutti e sei gli artisti intendessero, con le loro opere, fornire una rappresentazione del mondo. Una rappresentazione, sia chiaro, realistica: una rappresentazione del mondo, cioè, come appariva ai loro occhi. Il fatto che le rappresentazioni siano, come volgarmente si dice, “soggettive”, non toglie nulla alla loro istanza realistica. E noi, tutto sommato, non facciamo troppa fatica a vedere in una specie di labirinto nero o in una serie di squadrature una immagine del mondo. Che il mondo (o la vita, che è lo stesso) sia un labirinto, è un paragone che può essere capitato anche a noi di fare. E Italo Calvino concepiva la letteratura come una “sfida al labirinto”.

Italo Calvino, Sfida al labirinto
“Il menabò”, n. 5, 1962

Così come ci sarà capitato di consultare la mappa di una città,

New York
New York

o di osservare una fotografia sufficientemente mossa o fuori fuoco da diventare un insieme di macchie.

Ciascuna di queste immagini ci dà una rappresentazione realistica del mondo: se sono (sembrano) molto diverse tra loro, è solo perché in ciascuna di esse sono messi in evidenza diversi tratti caratteristici del mondo.

Ma, più o meno allo stesso modo dei pittori, anche i narratori nelle loro pagine rappresentano il mondo: ciascuno selezionando dei tratti caratteristici diversi. Per esempio:

Un uovo di gallina pesa in media 50 grammi e si compone del guscio, di due membrane (che rivestono internamente il guscio ed avvolgono l’albume delimitando, in corrispondenza del polo più ottuso, una piccola camera d’aria), dell’albume (bianco e filante, composto di acqua e di proteine) e del tuorlo (ricco di grassi, di proteine, di lecitina, e di vitamine A e D). (fonte)

L’uovo è una piccola perfetta sintesi del cosmo, un microcosmo specchio della totalità, perciò quando lo mangiamo dobbiamo ricordare che stiamo assumendo in noi l’universo. (fonte)

E’ indubbio che queste due “descrizioni di un uovo di gallina” sono molto diverse; ma non sono per questo una più realistica dell’altra. Certo: a qualcuno potrà parere irrilevante, o futile, considerare l’uovo “un micrososmo specchio della totalità”; ma, peraltro, quanti di noi considerano davvero rilevante, nella vita pratica, che un uovo di gallina pesi in media cinquanta grammi o che il tuorlo sia ricco di lecitina?

Osservare come le immagini, e non solo le immagini artistiche, rappresentino il mondo, ciascuna selezionando e combinando a modo proprio i varii tratti caratteristici del mondo stesso, ciascuna sensibile più a certi tratti e meno a certi altri, eccetera, può dunque indurci a riflettere, nello scrivere, su come nella scrittura rappresentiamo il mondo. Per esempio:

Di statura media, piuttosto rotondo della persona, o forse un po’ tozzo, di capelli neri e folti e cresputi che gli venivan fuori dalla metà della fronte quasi a riparargli i due bernoccoli metafisici dal bel sole d’Italia, aveva un’aria un po’ assonnata, un’andatura grave e dinoccolata, un fare un po’ tonto come di persona che combatte con una laboriosa digestione: vestito come il magro onorario statale gli permetteva di vestirsi, e con una o due macchioline d’unto sul bavero, quasi impercettibili però, quasi un ricordo della collina molisana. (C. E. Gadda, Quel pasticciaccio brutto di via Merulana, prima pagina).

La donna che stira ossessivamente è mia madre.
Fa il primo giro di lenzuola piegandole a metà per il lato della lunghezza. Le appoggia sull’asse e lascia che scivolino come la pasta all’uovo quando viene fuori dal rullo. Prima le stende con le mani, liscia le pieghe, anche le minime imperfezioni, poi preme il ferro con energia, come se il lenzuolo si fosse macchiato di qualche colpa che ora deve espiare. Davanti e dietro; da cima a fondo, e in senso contrario, risalendo verso l’alto.
Si allontana, le guarda, sospira. (E. Canepa, L’animale femmina, prima pagina)

Due presentazioni di personaggi, tutt’altro modo. Osserviamo, per esempio, le evocazioni: Gadda evoca “il bel sole d’Italia” e la “collina molisana”, Canepa la “pasta all’uovo” e le “colpe da espiare”. Elementi che non sono presenti, propriamente, nel soggetto descritto; ma che contribuiscono assai a rappresentarlo, a rendercelo vivo e presente.

E dunque tutto qui. Mi resta solo da fornire i nomi dei sei artisti. Nell’ordine: Pablo Picasso, Vassilij Kandinsky, Frank Stella, Roy Lichtenstein, Piet Mondrian, Mirò. Era facile, vero?

[“Scritto ad arte”, organizzato dalla Bottega di narrazione, è un corso-laboratorio che fa uso delle arti figurative come strumento per immaginare, inventare e comporre un testo letterario. Si terrà a Milano, fra la Pinacoteca di Brera e la sede della Bottega di via Tenca 7, per due fine settimana: 22-23 febbraio e 4-5 aprile 2020. Sarà condotto da Demetrio Paolin e Valentina Durante. Per saperne di più].

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