di Simone Salomoni docente della Bottega di narrazione In Zuckerman scatenato Roth prosegue la riflessione cominciata ne Lo scrittore fantasma sulle responsabilità della scrittura, sulle conseguenze che l’arte – intesa come scelta di vita assoluta e totalizzante – ha nella vita di chi, avendolo scelto o meno – avendolo scelto o meno – inciampa nella
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di Simone Salomoni docente della Bottega di narrazione Nelle prima pagine de Lo scrittore fantasma, il libro in cui Philip Roth fa entrare in scena il suo alter ego Nathan Zuckerman – un po’ perché non si bastava più, ma soprattutto, secondo me, perché era arrivato a un punto dal quale poteva vedere sia la
di Simone Salomoni docente della Bottega di narrazione [La prima puntata] [La seconda puntata] Di Philip Roth avevo letto già alcuni romanzi, i più noti, Pastorale Americana, Lamento di Portnoy, La macchia umana”. Avevo letto Il teatro di Sabbath, che è forse il romanzo più romanzo di Roth, scritto al termine del periodo di massima
di Giulio Mozzi direttore della Bottega di narrazione 1. Già l’idea di scrivere un romanzo autobiografico, anziché un’autobiografia, è in fin dei conti piuttosto curiosa. La differenza tra un romanzo e un’autobiografia è che nel romanzo i patti col lettore sono chiari (“Ti sto raccontando una storia inventata”), e nell’autobiografia i patti col lettore sono
di Valentina Durante. Questa foto ha segnato la mia adolescenza. E quella, credo, di molti altri della mia generazione. In un pezzo molto bello uscito per Esquire, Demetrio Paolin la racconta così: “La foto riprende l’interno di una rimessa; a terra c’è un corpo, di fianco un uomo accovacciato. Del corpo a terra vediamo giusto